Sembra davvero una barzelletta, se non fosse che centra la ‘ndrangheta e ben 115mila euro. Tanti, infatti, sono i soldi cambiati all’interno della Banca d’Italia, e tutti con uno stesso principio di base: rovinare la banconota da 100, 200 o preferibilmente 500 euro ammuffendola, bruciacchiandola o inumidendola, per poter riciclare soldi.
Centoquindicimila euro, come detto, che ha portato nuovamente in carcere Antonio Fameli, pensionato pluripregiudicato residente a Loano, nella provincia di Savona, “ritenuto collegato con la ‘ndrangheta di Gioia Tauro“.
Già condannato dalla Corte d’Assise di Palmi nel 1985, era sottoposto a misura di prevenzione dopo l’ultimo arresto, avvenuto nel dicembre del 2012, motivo per il quale questa operazione (che ha visto la collaborazione fattiva della Banca d’Italia) è stata ribattezzata ‘Il ritorno’, con l’accusa di intestazione fittizia di beni e impiego di denari di provenienza illecita. A causa della misura di prevenzione, infatti, non poteva possedere quei beni, considerando che gli è stata comminata anche una confisca di 10 milioni di euro lo scorso marzo.
Antonio Fameli, inoltre, era il vero proprietario del Loano Beach, un chioschetto sulla passeggiata a mare della località ligure; qui Fameli curava i propri interessi tramite un prestanome, ed è questo l’unico bene intestato fittiziamente che i Carabinieri possono ufficializzare, per ora. Oltre a Fameli, è stato arrestato anche Fabio Domenicale, il suo autista, mentre 10 persone sono state denunciate in stato di libertà e sottoposte a perquisizione.
L’inchiesta, come avrete capito, non tratta di un mafioso in pensione, ma è molto più delicata e complessa: potrebbe riuscire a far venire a galla una complessa rete di rapporti mafiosi nella provincia di Savona, soprattutto dopo l’inchiesta per usura che ha portato in carcere lo scorso 6 marzo Carmelo Gullace, altro personaggio legato alla ‘ndrangheta di Gioia Tauro in Liguria, come indicato nelle relazioni antimafia.