Il mondo delle casalinghe appartiene sempre più al passato. Questo è quanto emerge nell’indagine pubblicata dall’Istat oggi, 10 luglio 2017, sulla realtà delle donne che svolgono un lavoro in casa. I numeri sanno parlare in modo chiaro: negli ultimi dieci anni il calo è stato più che significativo. Nel 2006 le casalinghe erano 7,85 milioni, a fine 2016 se ne contavano 7,34 milioni.
L’Italia conta, quindi mezzo milione di casalinghe in meno rispetto a dieci anni fa. Ma non è tutto. Sono diventate anche più anziane. Le donne con più di 65 anni che svolgono un lavoro in casa sono passate dal 36 al 40,9%, mentre le casalinghe con un’età inferiore ai 44 anni sono passate dal 25,6 al 20,3%.
Guardando dentro al contenitore “casalinghe” disegnato dall’Istat, ci accorgiamo che la situazione è piuttosto problematica sotto diversi punti di vista. Spesso rimanere in casa a lavorare non è una scelta. Per il 73% delle casalinghe in età compresa tra i 15 e i 34 anni, la scelta è stata determinata da “motivi famigliari“. Su 700mila casalinghe ne sono state contate quasi una su dieci, in condizioni di povertà assoluta e comunque almeno la metà (47,4%) ha apertamente dichiarato di aver risorse economiche scarse o insufficienti per mandare avanti una famiglia. Le casalinghe che hanno maggiori problemi a livello economico sono le più giovani. Senza un lavoro retribuito è difficile uscir fuori dalla povertà.
Il lavoro delle casalinghe è estremamente impegnativo. L’Istituto di statistica ha calcolato che nel 2014 le donne hanno lavorato per 50,7 miliardi di ore nel campo della “produzione famigliare“, ossia nelle attività domestiche, nella cura dei bambini, degli adulti e degli anziani presenti in famiglia.
Facendo un confronto tra una donna casalinga, una donna occupata e un uomo occupato l’Istat ha dimostrato che, in media, la prima lavora per 2.539 ore all’anno, la seconda per 1.507 ore e il terzo, l’uomo occupato (o non occupato), per 826 ore.