Il decreto dignità si occupa realmente del precariato?

Il decreto dignità del governo giallo-verde si occupa realmente del precariato oppure è solamente un decreto che cerca di arginare, senza centrare i reali bisogni dei precari, una problematica che da decenni ormai affligge il sistema occupazionale italiano?

Il decreto dignità si occupa realmente del precariato?

Ma di cosa tratta il decreto dignità nello specifico, cosa cambia nel mondo del lavoro grazie a questa iniziativa del governo. In primo luogo non c’è più l’obbligo della causale per i contratti stagionali, i contratti a termine potranno essere prolungati fino ad un massimo di due anni,. Inoltre il decreto sancisce la possibilità di utilizzare i voucher in agricoltura e nel turismo, Un’altra novità del decreto è il divieto di pubblicità su giochi e scommesse con vincite in denaro.

Il decreto prevede anche maxi multe per chi trasferisce l’azienda all’estero dopo che ha percepito contributi statali. Il decreto include poi la revisione dello spesometro e il rinvio per la scadenza dello spesometro a febbraio 2019. Il provvedimento del governo ha anche come obiettivo il taglio dei fondi ministeriali che si aggirerebbe intorno agli 8 milioni.

Queste misure del decreto si possono considerare un passo in avanti rispetto a quelle adottate negli anni passati dagli altri governi, ma è ancora troppo poco. Il precariato non viene difatti sconfitto. Analizzando il decreto vediamo che si prendono in considerazione i contratti a tempo determinato, quelli a tempo indeterminato e i voucher, che come abbiamo visto saranno utilizzati solo per quanto riguarda l’agricoltura e il turismo, ma esiste una marea di giovani e meno giovani che lavorano spesso tantissime ore al giorno tramite la prestazione occasionale (intendo quella non retribuita tramite voucher). Questa per i precari, spesso, rappresenta la sola fonte di reddito e inoltre il lavoratore deve spesso accumulare più prestazioni per guadagnare qualcosa in più.

Chi vive di prestazione occasionale spesso è costretto a turni estenuanti di lavoro, ad essere sottopagato, a ricevere i compensi dopo mesi e in alcuni casi a non riceverli proprio. Le aziende che si avvalgono della prestazione occasionale spesso non rispettano nessuna regola né sugli orari, né sulle modalità di lavoro e né tantomeno sui compensi.

Non tutti sanno che la prestazione occasionale (sotto i 5000 euro annui) non prevede contributi INPS e quindi nonostante il lavoro spesso duro del lavoratore non prevede il versamento dei contributi previdenziali e quindi in poche parole non vale ai fini pensionistici. La cosa però curiosa è che per una recente legge del 2017 chi svolge prestazione occasionale anche fosse di 1 euro l’anno, dallo stato non è più considerato inoccupato e al contrario è considerato occupato a tutti gli effetti perdendo i pochi benefici dei disoccupati italiani come l’esenzione dalle spese sanitarie o altre agevolazioni. Inoltre chi perde il lavoro nell’ambito della prestazione occasionale non ha diritto ad alcun sostegno economico non è prevista alcuna indennità di disoccupazione come nel caso della NASpI. Quindi il decreto dignità si occupa solo di chi un lavoro già ce l’ha, non di chi è veramente precario, di chi non ha un contratto vero (dato che la prestazione occasionale spesso è costituita da un contratto verbale).

L’Italia ha bisogno di una vera lotta al precariato, non di misure marginali. Sono necessari controlli sulle aziende che si avvalgono delle prestazioni occasionali per verificare che sia tutto in regola, ma ancora tutto questo non c’è dato che molte di queste aziende lavorano in appalto per il Comune di Roma o per le aziende di trasporto pubblico, non pagando con regolarità (o sottopagando) i dipendenti, accumulando spesso ritardi notevoli nei compensi.

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