“Disoccupazione tecnologica”: i robot ci stanno togliendo il lavoro?

Nel 2011 il presidente dell'azienda Foxconn cominciò a sostituire i dipendenti con dei robot ma si rese conto che il lavoro di questi ultimi era meno efficiente e preciso. Si può parlare quindi di disoccupazione tecnologica?

“Disoccupazione tecnologica”: i robot ci stanno togliendo il lavoro?

Ormai la tecnologia sta prendendo il sopravvento anche e soprattutto sul ruolo degli uomini all’interno dell’ambito lavorativo: ci sono robot con funzioni di badanti che hanno il compito di assistere e far compagnia alle persone anziane, alcuni che fanno i commessi nei negozi o nei grandi magazzini, altri che riescono a sedere in un consiglio di amministrazione o addirittura sostituire gli archeologi.

La Foxconn, però, si oppone a quella che potrebbe essere chiamata “disoccupazione tecnologica”: l’azienda taiwanese, infatti, diventa simbolo di produttività grazie alla capacità di assemblare molti dispositivi hi-tech, compresi gli Ipad e gli Iphone della Apple. In precedenza, l’azienda assunse catene di montaggio formate da robot ma oggi si è ricreduta: i robot non si sono dimostrati efficienti come si sperava.

Il fondatore della Foxconn, Terry Gou, 4 anni fa aveva annunciato proprio l’arrivo di milioni di robot nei sistemi di produzione. Ma l’azienda, come sottolinea il Wall Strett Journal, ha ancora un milione di operai (contro i 50mila robot). Questo perché si è notato come, nell’assemblare i dispositivi, ci sono procedure che richiedono una determinata precisione – come manipolare minuscole componenti – da non poter essere automatizzate dalle mani elettroniche degli androidi.

I primi robot creati dalla Foxconn, i Foxbot, nel 2007 ora sono circa 10mila ogni anno e vengono usati per l’automatizzazione nell’industria alimentare, per mansioni ripetitive. Ci sono, inoltre, più di 1500 impiegati in due diverse fabbriche addette alla produzione di questi robot, in grado di eseguire più di dieci compiti differenti nell’assemblaggio dei pezzi. Ma, evidentemente, non si è ancora giunti alla perfezione.

Sembra però che l’azienda non riesca a rassegnarsi e stia studiando nuove macchine che siano più precise e che vadano, quindi, incontro alle richieste esigente di multinazionali come la Apple. Negli USA, secondo uno studio britannico, il 47% dei posti di lavoro è a rischio robotizzazione nei prossimi 10-20 anni. In Europa questa percentuale sale addirittura al 50%. Il compito dell’uomo, nonostante ciò, è comunque evidente non solo nella fase di assemblaggio ma anche nel training delle macchine (uno dei lavori in ascesa potrebbe diventare l’addestramento degli automi, ovvero gli uomini-macchina).

John Maynard Keynes nel 1930 parlò di “disoccupazione tecnologica, causata dalla scoperta di nuovi mezzi per risparmiare sull’utilizzo del lavoro”, a 80 anni di differenza il quesito è sempre lo stesso: i robot ci stanno togliendo il lavoro?

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