Ci vorranno 200 anni per raggiungere la parità contributiva tra uomini e donne

A sentenziarlo è stato il Global Gender Gap Report, elaborato dal Forum Economico Mondiale (Wef). Secondo questo dossier, a livello globale non troviamo nemmeno un paese in grado di poter vantare una piena uguaglianza retributiva tra i due sessi.

Ci vorranno 200 anni per raggiungere la parità contributiva tra uomini e donne

Le statistiche continuano a testimoniarlo nero su bianco: tra uomini e donne continua ad esistere una sperequazione retributiva a sfavore delle seconde. A confermare questo dato troviamo anche le stime annuali presenti all’interno del Global Gender Gap Report, elaborate dal Forum Economico Mondiale.

Stando a quanto si può apprendere dal dossier reso noto da Bloomberg News, per raggiungere una piena uguaglianza retributiva bisognerà attendere non meno di 200 anni. Ci vorrà invece un secolo prima di arrivare a raggiungere la parità su altri temi sociali quali istruzione, salute e impegno politico.

Focalizzandosi solo su questi aspetti, il minor gap viene evidenziato sul fronte dell’istruzione, dove con gli attuali trend l’uguaglianza potrebbe essere raggiunta già tra 14 anni. Il discorso è completamente diverso per l’aspetto politico, dove bisognerebbe attendere qualcosa come 107 anni.

A livello globale non c’è nessun paese che abbia raggiunto l’uguaglianza di genere, indipendentemente dal livello di sviluppo, dalla regione o dal tipo di economia. La disuguaglianza di genere è una realtà in tutto il mondo“, ha sentenziato Anna-Karin Jatfors, direttore regionale di UN Women, l’agenzia delle Nazioni Unite per l’uguaglianza di genere e l’empowerment femminile.

Rispetto allo scorso anno, il dossier ha comunque segnalato un “progresso minimo” sul tema. Sotto questo punto di vista, il paese più progredito rimane l’Islanda, dove esiste anche una legge che impone la parità retributiva tra uomo e donna. Altri paesi molto avanzati rimangono la Norvegia, la Svezia e la Finlandia. Uscendo dalla penisola scandinava troviamo il dodicesimo posto della Francia, seguita a ruota da Danimarca, Germania e Gran Bretagna.

Gli Stati Uniti occupano invece la 51esima piazza, mentre l’Italia con il suo 70esimo posto risulta decisamente molto più attardata in graduatoria. I peggiori dati continuano invece a registrarsi nei paesi del Medio Oriente, del Nord Africa e dell’Asia Meridionale.

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