Licenziare la colf o la badante rimasta incinta non è illecito, né discriminatorio: è questo ciò che ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n.17433/15, spiegando che le lavoratrici domestiche non possono godere degli stessi diritti di cui godono invece le altre lavoratrici madri. Il perché è presto spiegato: all’interno del Testo unico sulla maternità e paternità (articolo 62 comma 1, Decreto Legislativo n. 151/2001) alle lavoratrici addette ai servizi domestici e familiari, si applicano le norme relative al congedo per maternità e le disposizioni di cui agli articoli 6,16,17 e 22 dello stesso Decreto.
“Ivi compreso-come cita quest’oggi il portale Affaritaliani.it–il relativo trattamento economico e normativo, con esclusione, dunque, del divieto di licenziamento previsto, invece, dall’articolo 54 dello stesso Decreto Legislativo”. Le lavoratrici domestiche non possono pertanto godere del diritto di non essere licenziate dall’inizio della gestazione fino al compimento di 1 anno di età del bambino, diritto riconosciuto invece alle altre madri con un’occupazione regolare.
Per questo, sottolinea la Cassazione, il licenziamento “Non può essere di per sé nullo o discriminatorio, perché intimato durante il periodo di gravidanza o maternità”. Sempre AI riporta infatti che: “L’art. 62 del D.lgs.151/01, nel richiamare le varie norme applicabili al lavoro domestico, omette di citare quella in tema di divieto di licenziamento durante la maternità”.
“Anche nella precedente normativa in materia di maternità, il divieto generale di licenziamento era espressamente escluso dall’ambito del lavoro domestico […] Questo orientamento non risulta in linea con il costante indirizzo degli ultimi anni, volto alla completa salvaguardia della maternità che non tollera esclusioni o vuoti normativi”.
Le lavoratrici domestiche, come appunto colf e badanti, ma anche baby sitter, mantengono quindi i diritti specificati negli articoli 6, 16, 17 e 22 del Decreto Legislativo 151/2001, come ad esempio la tutela della sicurezza e della salute fino ai 7 mesi di età del figlio, ed il divieto di adibire lavoro a queste ultime durante i 2 mesi precedenti la data presunta del parto, ed i tre mesi successivi. Ma possono essere legittimamente licenziate, a discrezione del datore di lavoro, qualora rimanessero incinte.