Spazio agli insegnanti: aiutare troppo i figli con i compiti è controproducente

Una recente ricerca americana sostiene che aiutare troppo i figli a scuola è contro producente. Più spazio invece agli insegnanti. Il sostegno dei genitori deve essere delicato e distaccato.

Spazio agli insegnanti: aiutare troppo i figli con i compiti è controproducente

Per natura i genitori tendono a preoccuparsi dei figli in ogni momento della giornata e, anche se presi da mille impegni lavorativi, cercano di seguirli il più possibile. La scuola è sicuramente una delle preoccupazioni maggiori di ogni genitore, ma come in tutte le cose, esagerare non porta mai a grandi risultati.

Sono tanti, infatti, i genitori che seguono la carriera scolastica dei figli con eccessiva preoccupazione sovraccaricandoli, anche involontariamente, di ulteriore stress. Questo atteggiamento, secondo una recente ricerca condotta negli Stati Uniti dai sociologi Keith Robinson e Angel Harris, sarebbe estremamente negativa per la resa scolastica dei ragazzi sovvertendo completamente le teorizzazioni pregresse che invece auspicavano la guida dei genitori durante la carriera scolastica dei figli.

Secondo i risultati di questa ricerca, infatti, l’assillo dei genitori non aiuta a migliorare il rendimento scolastico, anzi, finisce per peggiorarlo, soprattutto nelle materia più importanti. Secondo le statistiche, infatti, per circa il 50% – 55% è irrilevante, controproducente per il 30% e positivo soltanto nel 15% – 20% dei casi.

Gli studenti che si sentono troppo pressati dai genitori finiscono per perdere interesse nello studio e si sentono caricati delle loro aspettative, che hanno paura di deludere.  Sotto accusa, in particolare, le linee troppo severe come le punizioni o le regole riguardanti lo svolgimento dei compiti a casa. “Perché non cerchiamo di capire se davvero i ragazzi vogliono i genitori così presenti con attività di volontariato e di assistenza nei compiti a casa? Ci preoccupiamo tanto di chiamare a scuola in genitori e ci dimentichiamo di coinvolgere i ragazzi nella conversazione”  ha chiesto Robinson ad un gruppo di genitori in merito alla vicenda.

Secondo i due sociologi, insomma, bisogna far capire ai genitori che possono stare vicino ai loro figli, ma in modo più delicato, dando supporto e non gestendo in prima persona attività così personali come lo studio e la sua organizzazione durante il giorno.

La ricerca auspica, invece, un ritorno ad un sostegno più distaccato come quello che si viveva nei decenni passati quando i genitori davano supporto ma non invadevano la vita scolastica dei figli. “Quando tornavo da scuola mi chiedeva come era stata la mia giornata, voleva sapere, mi faceva sentire che la mia educazione era importante per lui, mi comunicava fiducia. Sapevo che i miei sarebbero stati orgogliosi di quello che facevo a scuola, e mi bastava, era come se avessi un pilota automatico interno, non avevo bisogno che fossero coinvolti nei dettagli della mia educazione, perché avevo interiorizzato il messaggio” ricorda lo stesso Robinson.

Ad avere maggiore peso, invece, dovrebbero essere gli insegnanti, i quali sempre più spesso negli ultimi tempi sono stati messi in discussione dagli alunni e dagli stessi genitori.

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