Il buco con la musica attorno possibile con gli auricolari anellari Sony LinkBuds

Tra i tanti prodotti interessanti emersi in giornata, la palma di più innovativo, seppur lungamente atteso dopo le foto trapelate nei giorni scorsi, è spettata agli auricolari true wireless LinkBuds, proposti da Sony con un inedito design anellare.

Il buco con la musica attorno possibile con gli auricolari anellari Sony LinkBuds

Nel corso dell’evento streaming “Always on’ sound gateway”, il brand giapponese Sony ha presentato un nuovo paio di auricolari, i Sony LinkBuds che, nel design e nell’esperienza d’uso, sono destinati a rivoluzionare l’intero settore, sempre molto gradito anche nel panorama italiano, degli auricolari tws, true wireless.

Proposti a 180 euro nelle colorazioni grigio o bianco, gli auricolari Sony LinkBuds non possiedono le stanghette di scuola Apple né aderiscono al comune form factor a gemma degli in-ear: di base leggeri (4.1 grammi a unità, meno pesanti del 44% rispetto ai WF-1000XM4, rispetto ai quali sono anche più piccoli del 51%) sono formati da un’unità, che contiene parte delle componenti, il cui compito è quello, grazie all’aiuto di anelli in silicone presenti in confezione in 5 taglie, di innestarsi nella piega dell’orecchio, lasciando libero il canale uditivo sul quale riversa la musica un anello che, vuoto nel mezzo, permette di conservare la consapevolezza di quel che accade nell’ambiente.

Per la parte sonora, gli auricolari Sony LinkBuds mettono in campo una combinazione di driver ad anello (che “versa” il suono nel condotto uditivo), un convertitore DAC da digitale ad analogico, e un amplificatore integrato con un il processore V1 (grazie al quale giunge pure in dote la compatibilità con le tracce rimasterizzare nel formato posizionale 360 Reality Audio): il risultato si sostanzia in un buon focus sulle frequenze medio-alte, con qualche leggera insufficienza sui bassi, anche in ragione del non isolamento acustico del condotto uditivo, con conseguente minor pressione sonora. In aggiunta, vi è l’opzionale controllo adattivo automatico del volume, che regola da sé il volume tenendo conto dei rumori ambientali, ed è possibile restaurare il segnale originale impoverito dalla compressione, ripristinandone i dettagli grazie alla tecnologia del Digital Sound Enhancement Engine, che va attivata dalla companion app Sony Headphones.

Da tale app è possibile personalizzare i tocchi sulle due unità, anche per attivare gli assistenti vocali (Amazon Alexa o Google Assistant), ricorrere all’equalizzatore, controllare gli indicatori (anche con percentuali) di carica delle unità e del case, e far ricorso alla funzione “Quick Access” che, senza maneggiare lo smartphone, permette di entrare e muoversi nel catalogo musicale di Spotify, e a quella nota come “Speak-to-Chat“, che – grazie al microfono sempre attivo – all’emettere di un suono da parte dell’utente si occupa di silenziare in automatico gli auricolari perché si possa parlare (con chi sta vicino o in una game chat), per poi riprendere l’emissione dopo una decina di secondi di riscontrato silenzio. Le chiamate, invece, beneficiano di un sistema per la riduzione del frastuono ambientale

Per il controllo, in forma di doppio e triplo tocco, gli auricolari Sony LinkBuds permettono di adoperare la parte della guancia (poco davanti rispetto al trago dell’orecchio) che si trova subito a ridosso degli auricolari. 

Nel versante dell’autonomia, oltre ai sensori di prossimità, che mettono in pausa la riproduzione quando i LinkBuds sono sfilati via (per poi riprenderla quando inseriti), gioca un ruolo importante la piccola custodia (da 34 grammi), con una porta microUSB Type-C per la ricarica sul retro, un pulsante di lato per l’associazione in Bluetooth 5.2 (con codec AAC, SBC ma senza multi-point) per ovviare a eventuali défaillance nel sistema di pairing rapido del Fast Pair e, davanti, un piccolo LED di stato, con alloggiamenti magnetici e contatto via pogo pin, che fornisce aggiuntive 12 ore (per un totale di 17.5) di funzionamento rispetto alle 5.5 ore in dote agli auricolari una volta caricati (e a meno che non si ecceda con le funzioni che, stressando il processore, riducono l’autonomia). 

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