Google rivoluziona Android, Wear OS, Fitbit e Chrome: arriva Gemini sugli smartwatch, IA video, dominio unico, più sicurezza e addii eccellenti

Settimana di svolta per Google: l’azienda spinge sull’IA con Gemini anche su smartwatch e video, riforma il motore di ricerca, rafforza Android contro i consumi anomali e la gestione delle app sensibili, ma dice addio a Google Assistant su Fitbit e scopre estensioni sospette su Chrome.

Google rivoluziona Android, Wear OS, Fitbit e Chrome: arriva Gemini sugli smartwatch, IA video, dominio unico, più sicurezza e addii eccellenti

Google accelera sul fronte dell’intelligenza artificiale e della sicurezza, segnando una settimana densa di annunci che rivoluzionano l’esperienza utente su Android, Wear OS e persino nel cuore stesso del motore di ricerca. Dal debutto imminente di Gemini sugli smartwatch, all’introduzione di strumenti video creativi come Veo 2 e Whisk Animate, passando per il giro di vite contro le app energivore e la svolta centralizzata verso il dominio unico google.com, Mountain View mostra una visione chiara: unificare, semplificare e potenziare. Ma tra innovazioni e addii, come nel caso dell’Assistente vocale su Fitbit o delle estensioni sospette su Chrome, emergono anche interrogativi cruciali su privacy, trasparenza e futuro degli indossabili.

Gemini prende il polso degli smartwatch: debutto imminente su Wear OS

Dopo aver annunciato il graduale addio all’Assistente Google su smartphone, Mountain View estende la transizione anche agli smartwatch con Wear OS. A conferma di questo cambiamento, la versione 1.18.x dell’app Assistente contiene stringhe di codice inequivocabili: “Gemini is now on your watch”. Il nuovo assistente basato su intelligenza artificiale potrà essere richiamato come il suo predecessore, cioè tramite la pressione prolungata del tasto laterale oppure pronunciando “Hey Google”, se l’opzione vocale è attiva. Gemini potrà gestire comandi di base, come timer, sveglie e messaggi, ma anche rispondere in modo naturale a richieste più complesse grazie al supporto del modello linguistico LLM. Questo apre scenari avanzati, ma anche interrogativi: le risposte saranno rapide quanto quelle dell’Assistente classico? E quanto incideranno su batteria e prestazioni generali? Non resta che attendere i primi test, presumibilmente in concomitanza con l’uscita del Pixel Watch 3, atteso insieme alla nuova serie Pixel 10, già anticipata da alcuni render trapelati online. Un dettaglio curioso riguarda l’icona: Android Authority ha confermato che è già pronta la nuova grafica di Gemini per Wear OS, destinata a sostituire definitivamente quella dell’Assistente.

Gemini porta l’IA video a un nuovo livello: arrivano Veo 2 e Whisk Animate per creare clip animate da testo e immagini

Google alza ulteriormente l’asticella della creatività con l’introduzione, su Gemini Advanced, di due potenti strumenti per la generazione video basata sull’intelligenza artificiale: Veo 2 e Whisk Animate. Il primo consente di trasformare descrizioni testuali in video dinamici e realistici, mentre il secondo anima testi e immagini in brevi clip, il tutto in pochi istanti e senza bisogno di competenze tecniche. Veo 2 genera video della durata di otto secondi in formato MP4 (720p, 16:9), simulando con notevole fedeltà il movimento umano e la fisica degli oggetti, per risultati di forte impatto visivo.

Le clip sono automaticamente marchiate con SynthID, il watermark invisibile che ne certifica l’origine artificiale. In parallelo, Whisk Animate — un’estensione del progetto sperimentale Whisk — permette di dare vita a immagini statiche e testi, sfruttando lo stesso motore di generazione. Entrambe le funzionalità sono già in rollout globale dal 15 aprile 2025 e sono riservate agli utenti Gemini Advanced con abbonamento Google One AI Premium, sia su desktop che mobile. Un limite mensile regola la quantità di video generabili, ma Google invita la community a contribuire con feedback per migliorare l’esperienza.

Google unifica il motore di ricerca: addio ai domini nazionali, benvenuto .com globale

Google si prepara a una svolta epocale per il suo motore di ricerca, annunciando l’abbandono graduale dei domini locali come google.it o google.fr, che saranno presto reindirizzati verso l’unico dominio globale google.com. Secondo quanto riportato in un post ufficiale dell’azienda di Mountain View, questo cambiamento non influenzerà l’esperienza dell’utente né la qualità dei risultati di ricerca, grazie a un algoritmo che, già dal 2017, restituisce output coerenti a prescindere dall’estensione utilizzata. Il passaggio sarà del tutto trasparente per la maggior parte degli utenti, anche se potrebbe essere necessario riconfigurare alcune preferenze di ricerca personalizzate. L’obiettivo è razionalizzare l’infrastruttura web e puntare su una gestione centralizzata e più efficiente.

Android e batteria: Google dichiara guerra ai consumi nascosti delle app in background

Una delle sfide più frustranti per gli utenti Android è vedere la batteria scendere rapidamente anche quando il dispositivo sembra a riposo. La causa, spesso, è da ricercare nel comportamento di alcune app che, agendo in background, impediscono al sistema di entrare in modalità di risparmio energetico. Google ha deciso di affrontare il problema alla radice, introducendo una nuova metrica sperimentale all’interno della suite Android Vitals. Il suo scopo? Identificare le applicazioni che abusano dei “wake lock“, ovvero quei comandi che mantengono attivo il processore anche quando il display è spento. Se utilizzati senza reale necessità, questi strumenti possono ridurre sensibilmente l’autonomia dei dispositivi. La nuova funzione segnala le app che mantengono wake lock per più di tre ore in un giorno, senza fornire all’utente alcun servizio in primo piano.

L’iniziativa rappresenta il primo passo di un piano pluriennale pensato da Google per rendere Android più efficiente, anche attraverso la collaborazione con aziende come Samsung. A trarne vantaggio saranno non solo gli sviluppatori, che potranno migliorare le proprie app prima di rilasciarle, ma anche gli utenti, che potrebbero vedere allungarsi la durata della batteria senza dover modificare le proprie abitudini d’uso.

Il Giappone sfida Google: stop all’obbligo di preinstallare app Android per accedere al Play Store

Il colosso di Mountain View sotto pressione a Tokyo Il governo giapponese, attraverso la sua Commissione per il Commercio Equo, ha imposto a Google di smettere di costringere i produttori di smartphone a preinstallare il suo pacchetto di applicazioni – tra cui YouTube, Gmail, Foto e Drive – come condizione per ottenere l’accesso alla Play Store. Secondo le autorità nipponiche, Alphabet avrebbe abusato della propria posizione dominante, danneggiando la concorrenza e limitando la libertà dei produttori locali come Sony. Il colosso americano, pur deluso dal verdetto, ha annunciato che valuterà la decisione e adotterà contromisure. La tensione commerciale tra Tokyo e Washington resta alta, mentre il Giappone si allinea sempre più alle regole antimonopolio dell’Unione Europea, favorendo un mercato digitale più aperto e competitivo.

Identità a prova di ladro: con Android 16, arriva per tutti la protezione biometrica delle app sensibili

Android 16 si prepara a introdurre su larga scala una delle funzioni di sicurezza più avanzate finora riservate agli smartphone Pixel e Galaxy: Identity Check, il sistema antifurto che blocca l’accesso alle app più delicate – come quelle bancarie, di pagamento o di gestione password – anche se il ladro è riuscito a ottenere il codice di sblocco del telefono. Si tratta di una barriera biometrica che impedisce qualsiasi apertura o modifica alle impostazioni di sicurezza critiche, a meno che non venga fornita un’impronta digitale o il riconoscimento facciale dell’utente registrato. Questa funzione entrerà a far parte del pacchetto standard della suiteantifurto” di Android 16, risultando disponibile su un numero sempre più ampio di dispositivi, come già confermato dai test in beta su OnePlus 13. Da segnalare anche l’intelligente ottimizzazione per la vita quotidiana: il controllo biometrico si attiva solo quando il telefono si trova al di fuori del raggio attendibile impostato dall’utente, evitando inutili verifiche quando si è a casa o in ufficio. Android si evolve così non solo per garantire prestazioni e versatilità, ma anche per proteggere concretamente la privacy e i dati dell’utente.

Fitbit dice addio a Google Assistant: inizia una nuova era per gli indossabili?

La dismissione di Google Assistant dai dispositivi Fitbit rappresenta una svolta significativa per l’ecosistema dei wearable di Mountain View. A partire dalle prossime settimane, gli utenti non potranno più accedere all’assistente vocale direttamente dai loro smartwatch, segnando la fine di una funzione introdotta nel 2020 con entusiasmo ma progressivamente trascurata. Il processo è già iniziato con notifiche all’interno dell’app, segno di una strategia pianificata e coerente con i più recenti orientamenti dell’azienda. Questo cambiamento si inserisce nel contesto della più ampia transizione da Google Assistant a Gemini, il nuovo paradigma dell’intelligenza artificiale firmata Google, già attivo su Android e destinato a espandersi in tutto l’ecosistema. Se da un lato il cambio di direzione può deludere gli utenti affezionati all’assistente vocale da polso, dall’altro appare sempre più evidente che la casa madre stia concentrando i suoi sforzi sulla linea Pixel Watch, ormai considerata la piattaforma principale per chi cerca una perfetta integrazione con i servizi smart di Big G. Resta però un vuoto tangibile: oggi, chi utilizza un Fitbit non ha più accesso nativo a un assistente vocale sviluppato da Google. L’unica alternativa rimane Alexa, disponibile su alcuni modelli, mentre Gemini resta confinato allo smartphone tramite chatbot. Questo scenario solleva interrogativi sulla direzione futura del brand Fitbit, e su quanto ancora sarà protagonista nel panorama degli indossabili. Google promette un’esperienza più avanzata grazie a Gemini, ma la migrazione degli utenti e la rimozione progressiva di servizi storici come Assistant fanno pensare a una strategia di consolidamento. In altre parole, Fitbit potrebbe diventare un prodotto più “basic”, mentre le esperienze evolute saranno riservate ai Pixel Watch. Un cambio di rotta che, seppur motivato da logiche aziendali, rischia di ridurre l’appeal della linea Fitbit per chi cerca funzionalità avanzate senza voler passare ai modelli premium.

Chrome nel mirino: oltre 4 milioni di installazioni per estensioni sospette

Mentre Gemini si fa largo tra gli utenti, un’altra novità – questa volta allarmante – scuote l’universo Google. Un ricercatore di sicurezza ha identificato ben 35 estensioni per Chrome potenzialmente dannose, tutte collegate a un unico dominio inattivo, “unknow.com”. Si tratta di strumenti apparentemente utili – come blocchi pubblicità e scanner di sicurezza – che richiedono però permessi eccessivamente invasivi, tra cui accesso a schede, cookie e configurazioni del browser.

Molte di queste estensioni sono invisibili nelle normali ricerche, ma ciononostante hanno totalizzato oltre 4 milioni di installazioni. Ancora più grave, dieci di esse erano addirittura etichettate da Google come “In primo piano”, sollevando dubbi sull’efficacia dei sistemi di controllo del Chrome Web Store.Nonostante al momento non siano emerse prove di sottrazione diretta di dati, una delle estensioni analizzate invia informazioni verso un sito esterno considerato pericoloso, lasciando intendere che il rischio per la privacy non sia affatto remoto.

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