Con quest’app parli con i tuoi cari defunti: sogno o incubo?

La nuova app di 2Wai, capace di creare avatar interattivi di persone scomparse, ha trasformato un semplice video promozionale in una discussione mondiale sui limiti dell’intelligenza artificiale e sul delicato equilibrio tra memoria, emozioni e tecnologia.

Con quest’app parli con i tuoi cari defunti: sogno o incubo?

La pubblicazione di un video da parte della startup di Los Angeles 2Wai ha scatenato uno dei dibattiti più intensi degli ultimi mesi sul rapporto tra intelligenza artificiale e ricordo. Nel filmato, diffuso dal co-fondatore Calum Worthy sui social, viene mostrato un avatar digitale che riproduce l’aspetto e la voce di una persona non più in vita, dando origine a un confronto che intreccia emozioni, etica e futuro della tecnologia.

Il breve promo, concepito per annunciare il rilascio di un’app sperimentale, è bastato per trasformare un progetto in beta in un caso mediatico globale, con milioni di visualizzazioni e reazioni molto diverse tra loro. Il video racconta una storia costruita per colpire al cuore: una donna in dolce attesa dialoga con la ricostruzione digitale della madre scomparsa, creando un ponte emotivo tra passato e presente. Poi la narrazione avanza di diversi mesi, mostrando lo stesso avatar che legge una favola alla nipotina appena nata. La sequenza successiva mostra il bambino, ormai più grande, rivolgersi alla “nonnadigitale con una naturalezza quasi disarmante, fino all’ultima scena in cui, da adulto, racconta alla versione virtuale della nonna l’arrivo di una nuova generazione.

Il messaggio finale, “Con 2Wai, tre minuti possono durare per sempre”, richiama immaginari tipici delle serie distopiche, evocando immediatamente paragoni con Black Mirror. La tecnologia utilizzata dalla piattaforma si basa sui cosiddetti HoloAvatar, ricostruzioni digitali che – secondo l’azienda – possono imitare il modo di parlare della persona originale e utilizzare contenuti caricati dagli utenti per ricreare ricordi, abitudini e perfino tonalità emotive.

L’app è disponibile in beta sull’App Store e la startup ha confermato che sbarcherà presto anche su Android. Worthy ha definito il progetto un “archivio vivente dell’umanità”, invitando il pubblico a vedere negli avatar un ponte narrativo capace di preservare memorie familiari destinate altrimenti a scomparire.

La reazione sui social è stata tutt’altro che univoca. Da un lato, molte persone hanno definito il video inquietante o poco naturale, temendo che un avatar così realistico possa interferire con il processo di elaborazione della perdita, soprattutto nei più giovani. La scena del bambino che cresce dialogando con una nonna virtuale ha acceso in particolare discussioni sull’impatto che una presenza digitale così costante potrebbe avere sulle relazioni future e sulla percezione dei legami familiari. Altri commentatori, invece, hanno sottolineato come la tecnologia possa rappresentare una nuova forma di archivio affettivo, utile per tramandare storie, registri vocali e testimonianze che rischierebbero di essere dimenticate.

Non sono mancati gli approfondimenti più critici: alcuni esperti hanno evidenziato che il vero tema non è solo l’uso degli avatar sugli schermi degli smartphone, ma soprattutto ciò che potrebbe accadere combinandoli con le rapide evoluzioni della robotica umanoide. L’idea di ricostruzioni fisiche, capaci di riprodurre movimenti e comportamenti, apre scenari complessi sul fronte della tutela dell’identità, del consenso e della gestione dei dati dopo la morte. Nel frattempo, il video ha superato 4,1 milioni di visualizzazioni su X (insomma Twitter) e continua ad alimentare il dibattito.

Continua a leggere su Fidelity News