Michael J. Fox parla del Parkinson, malattia con cui convive dal 1991

Il celebre protagonista della trilogia di "Ritorno al futuro" racconta al New York Times la sua difficile convivenza con il Parkinson, malattia diagnosticatagli nel 1991 che gli ha letteralmente cambiato la vita.

Michael J. Fox parla del Parkinson, malattia con cui convive dal 1991

Michael J. Fox, star indiscussa della trilogia di “Ritorno al futuro“, in un’intervista concessa al New York Times ha voluto raccontare quella che è la sua non facile convivenza con il Parkinson. L’attore ha dapprima voluto tornare indietro al 1991, anno in cui, dopo la grande notorietà riscossa a livello internazionale, gli venne diagnosticato un morbo per il quale non esistono cure.

Per lui, all’epoca solo 30enne, fu una vera doccia fredda. Convincersi che avrebbe dovuto convivere per il resto della sua vita con la malattia, non fu per nulla semplice da digerire. “All’inizio ero terrorizzato, non sapevo nulla di questo morbo”, ha confessato l’attore che ha dato il volto a Marty McFly, l’indimenticabile protagonista della saga cinematografica diretta da Robert Zemeckis.

Così, dopo un lungo periodo in cui non riusciva proprio ad essere ottimista sul futuro, solo nel 1994 è riuscito a metabolizzare la notizia. Nel corso degli anni il suo approccio con la malattia ha poi subito una profonda trasformazione. Dal 1998, anno in cui ha pubblicamente annunciato di essere affetto da questa patologia neurodegenerativa, Michael J. Fox ha instaurato un rapporto diverso con il Parkinson. Come da lui stesso ammesso, “ho sviluppato una relazione col Parkinson in cui gli ho concesso una stanza per fare ciò che ha bisogno di fare. Questo mi ha lasciato delle aree dove realizzarmi e migliorare”.

In altre parole l’obiettivo è stato quello di mettere in piedi un rapporto a due, dove ognuna delle parti ha cercato di mantenere i propri spazi. Proprio in ragione di questo tacito accordo l’attore, oggi 57enne, cerca di sfruttare al massimo i momenti piacevoli che il morbo non è stato in grado di sottrargli. Lui che in passato ha più volte parlato della malattia che lo affligge, oggi ammette che non è più disposto a definirla in questo modo.

Senza di lei non avrebbe potuto fare le esperienze che hanno contraddistinto il suo passato, non avendo nemmeno modo di aprire un centro per la ricerca sulle cellule staminali. Così, concludendo che non considera più la sua vita come una continua lotta contro un male incurabile, svela che il segreto rimane sempre quello di capire e affrontare la malattia, pur non dimenticandosi che accettarla non significa affatto rassegnarsi.

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