Il motto pontificio, che ogni Papa sceglie all’inizio del suo pontificato per esprimere l’orientamento spirituale

Tutti i Pontefici, al momento della loro elezione, scelgono un “motto pontificio”: si tratta di una breve espressione, solitamente in latino, che sintetizza l’ispirazione spirituale e il significato che intendono dare al proprio pontificato.

Il motto pontificio, che ogni Papa sceglie all’inizio del suo pontificato per esprimere l’orientamento spirituale

Tutti i Papi, al momento della loro elezione, scelgono un proprio motto pontificio detto anche motto apostolico che li accompagnerà per tutta la durata del pontificato. Si tratta di una breve frase, solitamente in latino, che racchiude il senso spirituale, pastorale e teologico che il nuovo Pontefice intende imprimere al suo servizio alla Chiesa. In molti casi, il motto prescelto coincide con quello utilizzato precedentemente nel proprio stemma episcopale, quando il futuro Papa era ancora vescovo o cardinale. Questo motto rappresenta una sorta di “dichiarazione d’intenti”, una guida sintetica per comprendere lo spirito con cui il Papa intende esercitare il suo ministero petrino.

Per esempio, Papa Francesco ha scelto “Miserando atque eligendo”, una frase tratta dalle omelie di San Beda il Venerabile, che richiama il momento in cui Gesù, “guardando con misericordia, scelse” il pubblicano Matteo, trasformandolo in apostolo. Benedetto XVI aveva optato per “Cooperatores veritatis”, cioè “cooperatori della verità”, a sottolineare il compito della Chiesa di annunciare e testimoniare il Vangelo nella sua interezza.

Giovanni Paolo II, profondamente devoto alla Madonna, aveva scelto come motto “Totus tuus”, “sono tutto tuo”, esprimendo un totale affidamento alla Vergine Maria. L’origine di questa tradizione risale al Rinascimento, più precisamente al XVI secolo, quando Papa Gregorio XIII il Pontefice passato alla storia per la riforma del calendario fu il primo a scegliere un motto ufficiale: “Aperuit et clausit”, ovvero “Aprì e chiuse”.

La frase si riferiva al potere conferito da Cristo a San Pietro e ai suoi successori: quello di “legare e sciogliere” e di detenere le chiavi del Regno dei Cieli. Anche oggi, tra i cardinali considerati “papabili” in vista di un futuro conclave, ognuno ha già un motto episcopale. Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, ha scelto l’espressione “Chi ci separerà dall’amore di Cristo?”, tratta dalla Lettera ai Romani. Il cardinale filippino Luis Antonio Tagle ha optato per “Dio è il Signore”, mentre l’arcivescovo di Bologna, Matteo Zuppi, ha adottato il motto “La gioia del Signore è la nostra forza”. Il francese Jean-Marc Aveline ha scelto una frase mariana: “Si compia in me secondo la tua parola”. Questi motti non sono soltanto dichiarazioni spirituali, ma parte integrante dell’araldica ecclesiastica. Fin dal Medioevo, i vescovi, molti dei quali provenivano da famiglie nobili, adottavano stemmi e simboli che ne rappresentassero le origini, la spiritualità o la missione.

Anche oggi, ogni Papa possiede uno stemma pontificio, strutturato secondo regole araldiche precise (la cosiddetta blasonatura), e accompagnato da un motto. Lo stemma di Papa Francesco, ad esempio, è di colore blu, sormontato dai simboli della dignità pontificia: una mitra tra due chiavi incrociate, una d’oro e una d’argento, unite da un cordone rosso. In alto campeggia l’emblema della Compagnia di Gesù, ordine di appartenenza del Papa: un sole raggiante con il monogramma IHS, sormontato da una croce e accompagnato da tre chiodi neri. In basso si trovano una stella, che rappresenta la Vergine Maria, e un fiore di nardo, simbolo di San Giuseppe. In definitiva, il motto pontificio è molto più di un semplice ornamento: è una sintesi potente e simbolica del cammino spirituale e pastorale che il Papa intende percorrere, un segno distintivo che lo accompagnerà per tutta la durata del suo ministero. 

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