Nel 2025, in un’epoca in cui la tecnologia legge nel pensiero e l’intelligenza artificiale plasma il nostro presente, fa ancora notizia il décolleté di una donna. Soprattutto se quella donna si chiama Gabriella Greison, fisica, scrittrice, attrice e divulgatrice scientifica, invitata come madrina alla cerimonia di laurea dell’Università di Messina, nel suggestivo teatro antico di Taormina.
Quella che doveva essere una giornata di festa, ispirazione e orgoglio accademico, si è trasformata per Greison in un’ondata di odio digitale. Motivo? Un vestito estivo con una scollatura giudicata “troppo vistosa” da chi, evidentemente, preferisce la scienza con il colletto rigido e i pensieri ben coperti.
Sui social, dove spesso il buonsenso viene sacrificato sull’altare della frustrazione, è bastato un video all’aeroporto – in cui parlava di libertà, coraggio e futuro – per scatenare la reazione di chi ha ridotto il suo valore alla lunghezza dell’abito.
Nonostante il successo del suo intervento dal vivo, con studenti e docenti entusiasti, Greison si è vista insultata online per la sola colpa di non aver rispettato un presunto dress code “accettabile” per una donna di scienza. La sua risposta, diffusa su Instagram e altre piattaforme, è diventata un manifesto di dignità e lucidità.
Con ironia tagliente e intelligenza, ha ricordato che il vero scandalo, per molti, non è la pelle scoperta, ma il fatto che una donna possa parlare di fisica quantistica senza legarsi al nome di un uomo, senza dover chiedere autorizzazioni implicite, senza rinunciare alla propria identità. Non è il corpo a turbare, ma la voce indipendente. Greison ha così ribaltato il paradigma: non si è giustificata, non ha chiesto comprensione.
Ha usato la sua visibilità per denunciare, senza cedere, l’arretratezza culturale che ancora permea parte della società. E ha fatto quello che ci si aspetta da una vera divulgatrice: ha trasformato l’attacco in occasione di riflessione pubblica, mostrando che il rispetto non si misura in centimetri di stoffa, ma nella capacità di ascolto.