Carlo Conti piange ricordando il padre: “Avevo 18 mesi quando è morto"

La madre, speso tutto quello che aveva per curare il padre: “Avrebbe potuto gettarsi dalla finestra" ed invece Santa Rita con 500 lire nella cassetta della posta salvò madre e figlio.

Carlo Conti piange ricordando il padre: “Avevo 18 mesi quando è morto"

Carlo Conti, conduttore televisivo e radiofonico, nonostante la sua vivacità e abilità nel seguire i programmi a lui affidati è sempre apparso molto riservato per quanto riguarda la sua vita privata e il suo passato. In un’intervista al Corriere della Sera, Conti, al di là della sua carriera che tutti conoscono, ha raccontato particolari del suo passato come la morte del padre quando aveva solo 18 mesi, mentre parlava le lacrime scendevano e non riusciva a trattenerle.

L’amore della madre di Carlo per il padre, l’aveva portata a spendere inutilmente tutto quello che aveva in cure sperimentali che non portarono a nulla. Carlo Conti è convinto che la madre: “Avrebbe potuto gettarsi dalla finestra con me in braccio, invece tornata a casa dal funerale, trovò nella cassetta della posta 500 lire. Si convinse che le avesse messe santa Rita. Trovò nella fede la forza di continuare”. 

Ricorda la madre come una donna energica, capace di non perdersi d’animo. Grazie al diploma di ostetrica conseguito durante la guerra, la mamma di Conti poté lavorare in ospedale, come assistente anche se di notte.

Per arrotondare lo stipendio la madre di Carlo si rendeva disponibile come donna di servizio. Assunta da una famiglia solita ad andare in vacanza a Castiglioncello (Livorno) e a San Martino di Castrozza (Trento), Carlo ebbe l’opportunità di andare in vacanza con la mamma e la famiglia. E’ grazie alla presenza energica, forte della madre, avrebbe detto Carlo Conti, che egli è potuto diventare il “Carlo” che conosciamo.

Troppo piccolo per capire la morte e il significato dell’assenza del padre, Carlo crebbe sereno. Un giorno però, mentre giocava a tennis con Leonardo Pieraccioni, il suo migliore amico comprese cosa significava avere un padre. Carlo ricorda bene quel giorno del 1983, aveva 22 anni: “Arrivò il suo babbo, si mise dietro di lui e cominciò a incoraggiarlo: batti meglio, forza il dritto. Venni a rete a raccogliere una pallina, mi voltai indietro e compresi che io una figura così non l’avevo”.

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