Cinquant’anni fa, nel 1975, il cinema veniva attraversato da un’onda destinata a cambiare tutto. Lo squalo (Jaws), diretto da un giovanissimo Steven Spielberg, usciva nelle sale americane diventando subito un fenomeno culturale e commerciale. Oggi, a mezzo secolo di distanza, il film continua a suscitare interesse e riflessioni, come dimostra il podcast realizzato da ANSA con la voce esperta del critico Mario Sesti e il giornalista Massimo Sebastiani.
Il successo di Lo squalo fu senza precedenti. È comunemente considerato il primo vero blockbuster estivo, capace di attrarre folle nelle sale durante un periodo tradizionalmente considerato poco redditizio. Da quel momento, l’estate divenne una stagione chiave per le uscite cinematografiche. La pellicola inaugurò inoltre un nuovo paradigma produttivo, fondato sulla continuità narrativa e commerciale dei grandi titoli: sequel, gadget, prodotti derivati.
Una formula che Spielberg stesso avrebbe poi guardato con un certo distacco critico, nonostante ne fosse stato il promotore iniziale. Il podcast invita però a leggere Lo squalo anche in chiave più profonda. Mario Sesti esplora il modo in cui il film riesce a comunicare con parti recondite della psiche umana.
Il mare, con la sua vastità e imprevedibilità, diventa lo sfondo perfetto per evocare angosce ancestrali. Più che la creatura in sé, ciò che inquieta è ciò che non si vede: l’attesa, la tensione, il senso costante di qualcosa che incombe senza rivelarsi del tutto. Proprio i problemi tecnici legati al meccanismo che animava il gigantesco squalo meccanico spinsero Spielberg a limitare le scene in cui la creatura appariva sullo schermo.
Una scelta obbligata che si rivelò geniale: fu quell’assenza, quel silenzio visivo, a rendere l’esperienza più intensa. Il pubblico era lasciato immobile, in attesa, col fiato sospeso. Oltre l’intrattenimento, il film propone anche letture simboliche più complesse. I personaggi principali – interpretati da Roy Scheider, Richard Dreyfuss e Robert Shaw – rappresentano approcci diversi al problema che affrontano: la legge, la razionalità scientifica, l’azione fisica.
L’interazione tra queste forze mette in scena una dinamica che riflette lo sforzo umano di dare risposte a ciò che sfugge alla piena comprensione. Il podcast sottolinea anche come Lo squalo abbia catturato un senso di inquietudine diffuso, legato a insicurezze più ampie: la fragilità del vivere moderno, la paura dell’imprevedibile, la difficoltà di dominare ciò che non si conosce. È questa stratificazione a rendere il film ancora così attuale, oltre il puro linguaggio cinematografico.