Mangiare di meno rallenta l’invecchiamento

Una corretta restrizione calorica apporta dei benefici alla nostra longevità. La teoria fino ad oggi valida per le specie da laboratorio, si è dimostrata valida anche per l’uomo. Vediamo nello specifico cosa è stato scoperto

Mangiare di meno rallenta l’invecchiamento

Mangiare di meno rallenta il processo di invecchiamento. Questa conclusione, ad oggi considerata al pari di una teoria matematica, era sempre stata confermata dalla scienza solo su alcune specie animali. Stando però alle ultime ricerche, il principio può ora essere esteso anche al genere umano.

In altre parole anche l’uomo trarrebbe beneficio da un’alimentazione meno ricca. Tutto ciò consentirebbe di aver maggiori probabilità di trascorrere una vecchiaia in salute, ritoccando verso l’alto l’asticella della longevità.

Ma cosa hanno scoperto i ricercatori? Per poter fornire una risposta inequivocabile, alcuni anni fa i National Institutes of Health statunitensi hanno messo in atto uno studio multicentrico che ha preso il nome di Calerie. Nel progetto hanno preso parte 200 adulti sani divisi in due gruppi: nel primo è stato chiesto di continuare a mangiare come d’abitudine, mentre ai partecipanti del secondo team è stato imposto di seguire una dieta piuttosto stretta.

Per la loro attività di ricerca, gli studiosi oltre a controllare tutti i parametri biologici si sono avvalsi anche di una camera metabolica. Ad una cinquantina di partecipanti è stato chiesto di rimanere all’interno di questa stanza sigillata per 24 ore. In questo modo è stato possibile monitorare l’ossigeno consumato e l’anidride carbonica espirata. Questa tecnica innovativa, combinata con lo studio dell’azoto presente nelle urine, ha permesso di fornire la misura precisa dei lipidi, delle proteine e dei carboidrati consumati. In parole povere si è riusciti a dare una valutazione oggettiva del funzionamento del metabolismo.

Avendo quindi in mano le risultanze dei due gruppi, è stato sufficiente confrontare i dati raccolti. Nelle persone che avevano seguito una dieta più morigerata, si è constatato che avevano utilizzato in maniera più efficiente le minori risorse energetiche disponibili; questo processo è risultato più evidente durante il sonno. Un più basso stress ossidativo aveva anche ridotto il metabolismo, comportando danni meno evidenti agli organi e ai tessuti. Il che vuol dire che in costoro anche l’invecchiamento veniva per forza di cose ritardato.

Da qui è stato logico concludere che quanto già visto su moscerini, vermi, topi, cani e scimmie, è in tutto e per tutto applicabile anche all’uomo. Resta però da capire quali siano le conseguenze della restrizione alimentare su di un periodo più lungo. In questo caso l’arco temporale è stato circoscritto a due anni: quali sarebbero invece gli effetti su di un lasso di tempo lungo decenni?

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