Da diverso tempo la comunità medico-scientifica cerca di stabilire se esista una correlazione tra l’utilizzo di prodotti per capelli e l’aumento dei casi di tumore. A cercare di dare una risposta a questo interrogativo ci ha pensato uno studio americano, portato a termine dal National Institutes of Health (NIH) e del National Institute of Environmental Health Sciences.
Pubblicato sulle pagine dell’International Journal of Cancer, lo studio ha preso in esame un campione di oltre 40mila donne di età compresa tra i 35 e i 74 anni che hanno preso parte al Sister Study. Questo progetto, condotto dal 2003 al 2009, è stato ideato per controllare le condizioni di salute delle sorelle di donne a cui era stato diagnosticato il tumore al seno.
Le analisi condotte dai ricercatori americani, hanno permesso di appurare che le donne che fanno uso di tinte per capelli, incrementano il rischio di ammalarsi di tumore al seno del 9%. Nel caso di prodotti liscianti, la percentuale si raddoppia, raggiungendo il 18%. Tra le altre cose è stato confermato che un uso più intenso di questi prodotti, aumenta la possibilità di ammalarsi di cancro alla mammella del 31%.
Uno degli aspetti più interessanti della ricerca, è riconducibile al fatto che le donne di origine afroamericana, sarebbero più vulnerabili a questi prodotti: rispetto alle donne di origine caucasica, avrebbero infatti il 45% di probabilità in più di essere colpite da questa forma di neoplasia. Nonostante i dati allarmanti, gli stessi ricercatori hanno però voluto ridimensionare il problema, specificando che sarebbe del tutto ingiustificato arrivare a delle conclusioni affrettate, considerando soprattutto che sono molti i fattori che possono determinare l’insorgere di questo genere di tumore.
Ad ogni modo, nonostante l’allarme lanciato dallo studio, gli esperti di Cosmetica Italia hanno voluto rassicurare i consumatori del nostro paese, ricordando che i risultati che giungono dall’altra sponda dell’Atlantico non sarebbero applicabili in Italia e nell’Unione Europea, dove vigono standard molto più severi rispetto a quelli statunitensi.