Si riallarga il buco nell’ozono: qualcuno sta utilizzando illegalmente i CFC banditi trent’anni fa?

Con la messa al bando dei CFC avvenuta trent’anni fa, l’allarme buco nell’ozono è progressivamente rientrato. Ora però l’allargamento si sta misteriosamente ripresentando. C’è forse qualcuno che ha ripreso ad utilizzarli all’insaputa del resto del mondo?

Si riallarga il buco nell’ozono: qualcuno sta utilizzando illegalmente i CFC banditi trent’anni fa?

Per chi ha vissuto nella seconda metà degli anni ’80, sicuramente ricorderà l’allarme legato al buco nell’ozono. Così come allora scoperto e diffuso all’opinione pubblica, questo strato ricopre il nostro pianeta e ci protegge dalle dannose radiazioni ultraviolette. A seguito però dell’attività industriale dell’uomo, il suo spessore ha incominciato ad assottigliarsi.

Un’effettiva consapevolezza delle conseguenze di questo fenomeno è stata raggiunta solo una trentina di anni fa, quando si è incominciato a monitorare con assiduità le dimensioni dell’ozonosfera. Allo stesso tempo si è anche cercato di individuare il responsabile del suo assottigliamento, presto individuato nei CFC.

Con questa sigla si distinguono quei composti chimici che oltre ad aumentare i gas serra, distruggono anche lo strato di ozono. Il loro utilizzo era particolarmente diffuso negli spray e negli agenti refrigeranti. Proprio in ragione di questo loro risvolto negativo, con il protocollo di Montreal del 1987 vennero progressivamente messi al bando. Dopo il picco massimo raggiunto nel 1993, l’applicazione della convenzione ha poi permesso di ridurre le dimensioni del tanto famigerato buco nell’ozono.

Negli ultimi tempi il problema si sta però nuovamente riproponendo. In altre parole il buco anziché rimarginarsi, si sta nuovamente allargando. Secondo i tecnici della National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA), l’agenzia federale statunitense che si occupa di meteorologia, la spiegazione è molto semplice: nel periodo intercorrente tra il 2014 e il 2016, le emissioni di CFC-11 hanno registrato un aumento del 25% rispetto alla media misurata nel periodo 2002-2012. A questo punto ci si domanda: chi sta di nuovo producendo e soprattutto usando queste sostanze?

Al momento non è ancora possibile fornire una risposta, anche se i sospetti si concentrano sui paesi dell’Asia orientale. Stephen Montzka del NOAA, nonché coordinatore dello studio, ha dovuto ammettere che “si tratta dell’osservazione più sorprendente e inattesa fatta negli ultimi 27 anni: oggi le emissioni sono pressoché identiche a quelle di vent’anni fa”. Ad oggi non sapendo nulla sulle cause dell’aumento della presenza dei CFC nell’atmosfera, si possono formulare solo delle congetture. “Non sappiamo perché e se è stato creato per uno scopo specifico, o inavvertitamente come prodotto secondario di qualche altro processo chimico”.

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