La foresta pluviale africana strappa all’Amazzonia il titolo di polmone verde del mondo

Universalmente considerata la più grande annientatrice di anidride carbonica, la foresta amazzonica ha perso il suo ruolo di polmone verde del mondo in favore delle foreste del Congo. A documentarlo è un articolo apparso sulla rivista “Nature”.

La foresta pluviale africana strappa all’Amazzonia il titolo di polmone verde del mondo

Per decenni considerata il polmone verde del pianeta, la foresta amazzonica ha ufficialmente perso il suo ruolo di più grande annientatrice di anidride carbonica del mondo. A certificarlo è uno studio apparso sulla rivista Nature portato a termine dal professor Wannes Hubau, ricercatore del Museo Reale dell’Africa Centrale di Bruxelles. Come da lui documentato, la massiccia deforestazione che ha interessato la vasta giungla brasiliana ha ridotto notevolmente non solo la sua estensione, ma anche l’enorme capacità di assorbire CO2.

Ma ad allarmare la comunità scientifica mondiale ci sarebbero anche le poco promettenti previsioni per i prossimi decenni. Come precisato dal professor Hubau, il futuro della foresta amazzonica sarebbe fortemente a rischio. “La sua capacità di assorbimento è diminuita d’un terzo negli ultimi vent’anni, ed entro il 2040 l’Amazzonia potrebbe risputare più CO2 di quanto ne sequestri”.

In altre parole, anziché essere utile all’umanità e più in generale all’ambiente, la foresta amazzonica potrebbe a breve aggravare la crisi climatica che stiamo già vivendo sulla nostra pelle. Il picco massimo di assorbimento di CO2 è stato infatti già raggiunto nel corso degli anni Novanta; da allora la capacità di neutralizzare i gas nocivi ha subito un drammatico calo che non accenna affatto a diminuire.

Sulla base di queste considerazioni, il ruolo di polmone verde del nostro pianeta spetta ora di diritto alle foreste del Congo. Oltre ad essere meno soggetta alla rapida deforestazione, la vegetazione della zona centrale del continente africano è anche meno esposta agli effetti nocivi dei cambiamenti climatici.

Soprattutto nelle vaste aree poste ad un’altitudine superiore ai 200 metri sopra il livello del mare, gli alberi dell’Africa Centrale hanno resistito meglio rispetto a quelli dell’Amazzonia, che dal canto loro oltre a dover affrontare dei più lunghi periodi di siccità, hanno anche subito le conseguenze di un maggior aumento delle temperature stimato in 1,1 gradi centigradi.

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