Incendi: la lunga stagione del fuoco non promette bene

Gli incendi che attaccano le grandi foreste primarie, i boschi e le aree costiere sono un problema enorme, ma quest'estate sembra tentare di battere ogni record. Mezzo mondo è letteralmente in fiamme e questo avrà conseguenze terribili.

Incendi: la lunga stagione del fuoco non promette bene

Per qualche strano motivo la stampa non ne parla come dovrebbe, forse per non diffondere il panico cieco (che è differente dal timore razionale) o forse perché alla fine la cosa non interessa davvero a nessuno, ma ci sono tre continenti che sono letteralmente in fiamme.

Noi siamo abituati alla cronaca estiva che ci fa sapere degli incendi che distruggono i nostri ettari di bosco, ma se questo è un dramma, davanti a quel che succede in Africa, Sud America e Siberia, quasi sbiadisce.

83% di incendi in più in Amazzonia 

L’Amazzonia è il polmone verde del mondo, se non avete idea di quanto sia grossa questa foresta, date un’occhiata su Google per capire che dentro ci starebbe quasi tutta l’Europa, visto che il nostro continente è poco più 10 milioni di chilometri quadri, e la foresta 7 milioni di chilometri quadri.

In pericolo praticamente da sempre, perché piena di metalli preziosi, risorse minerarie e terreni che per un po’ sono coltivabili, ma che rapidamente diventano sterili, ha visto un’impennata di incendi dell’83% in più quest’anno. Questo significa problemi immediati, come il blackout di San Paolo (oltre 27 milioni di abitanti, la metà più o meno dell’Italia intera…) e i disagi per il traffico aereo, ma nel lungo periodo significa un incremento dell’anidride carbonica nell’aria, il cambiamento del tasso di illuminazione solare e piogge acide. 

Incendi in Siberia

La Siberia che immaginiamo come terra dei ghiacci perenni, nella sua breve estate è un’enorme area che non vede molte precipitazioni, popolata da conifere che – per chi non lo sapesse – producono resina combustibile, ed un terreno che sotto uno strato di fango continua a nascondere ghiaccio, metano e torba.

Quest’estate, per tanti motivi, la taiga siberiana è in fiamme e non accenna a spegnersi e le piogge prima di ottobre non arriveranno. Questo significa migliaia di chilometri quadri di foresta distrutta per decenni, perché il tasso di crescita è lento, enormi quantità di fumi tossici immesse in aria e polveri scure. Una volta la resina delle conifere si usava per fare i solventi per le vernici, ed è quella che adesso sta bruciando.

Incendi in Africa

L’Africa è il terzo fronte degli incendi e la situazione è messa davvero male. Per prima cosa siamo lontani dalla stagione delle piogge, che in molte aree significa una muraglia d’acqua, ma in altre è poco più che una spruzzatina, specie sui bordi dei grandi deserti che circondano l’area soggetta agli incendi e dove le fiamme consumano i pochi arbusti che riescono a sopravvivere al clima terribile di quelle zone.

La foresta tropicale ed equatoriale nasconde tesori e abitanti che spesso hanno ben poca cultura e non riescono a capire che incendiarne un pezzo oggi significa morire di fame domani e che ciò che ne ricaveranno dal punto di vista finanziario sarà solo una briciola rispetto agli introiti dei loro istigatori. Quest’anno la foresta primaria è, se possibile, più a rischio del solito, visto che dati NASA ci parlano del 70% degli incendi giornalieri nel mondo collocati nel continente africano.

La concentrazione di incendi

Gli incendi già di per sé sono un problema, ma la concentrazione di quest’anno, specie con l’inatteso fronte siberiano, che si somma ai focolai sparsi un po’ dovunque, rischia di avere conseguenze spaventose. Nuvole di fuliggine che finiscono sui ghiacci polari, calo dell’illuminazione, non molto percettibile all’occhio ma che, se integrato nel lungo periodo, porta ad un gradiente termico in zone dove sarebbe meglio che non accadesse. Se ci mettiamo poi sopra anche la variazione dell’attività solare, il quadro non è buono.

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