Stretta su Telegram e TikTok: maxi chiusure e indagini UE scuotono le piattaforme digitali

Telegram ha rimosso due giganteschi marketplace illegali attivi in lingua cinese, mentre TikTok è di nuovo nel mirino dell’Unione Europea per presunte violazioni al Digital Services Act.

Stretta su Telegram e TikTok: maxi chiusure e indagini UE scuotono le piattaforme digitali

Il mondo delle piattaforme digitali è ancora una volta sotto i riflettori, con due casi che riaccendono il dibattito sull’efficacia della regolamentazione delle attività online.

Da una parte Telegram, che si è trovata costretta a chiudere due giganteschi marketplace illegali ospitati all’interno della propria piattaforma, e dall’altra TikTok, finita nel mirino della Commissione Europea per una presunta violazione del Digital Services Act (DSA). Due vicende che, pur molto diverse, hanno un denominatore comune: la difficoltà nel garantire trasparenza e sicurezza in spazi digitali utilizzati ogni giorno da milioni di persone. Il caso più eclatante riguarda Telegram, che ha confermato la rimozione di due canali in lingua cinese – Xinbi Guarantee e Huione Guarantee – che agivano come veri e propri mercati neri online.

Il loro raggio d’azione includeva traffici di dati rubati, servizi di riciclaggio in criptovalute e la vendita di dispositivi pirata per le telecomunicazioni. Secondo la società di analisi blockchain Elliptic, il volume di affari gestito da questi canali avrebbe raggiunto i 35 miliardi di dollari, una cifra impressionante, ben superiore a quella attribuita a Silk Road, la storica piattaforma illegale del dark web.

Le autorità statunitensi sospettano che dietro Huione Guarantee si nasconda un’organizzazione più ampia, con legami con il gruppo cambogiano Huione, riconducibile a esponenti della famiglia reale del Paese asiatico. La stessa Huione è al centro di un’indagine in corso negli Stati Uniti per attività sospette di riciclaggio. Telegram, dal canto suo, ha ribadito che attività di questo tipo violano le sue policy interne e vengono prontamente rimosse quando rilevate. Tuttavia, resta il problema della gestione dei contenuti in tempo reale, vista la capacità dei gruppi coinvolti di spostarsi agilmente da un canale all’altro, eludendo i controlli.

Nel frattempo, anche TikTok si trova ad affrontare una nuova grana con l’Unione Europea. La Commissione ha infatti avviato un procedimento formale per la mancata conformità al DSA, accusando la piattaforma di non aver fornito un archivio pubblicamente accessibile delle inserzioni pubblicitarie diffuse sul servizio. Questo archivio è ritenuto essenziale per contrastare truffe e campagne ingannevoli, oltre a garantire la trasparenza sulle modalità di targeting e sugli investitori pubblicitari.

Se le violazioni venissero confermate, ByteDance – la società cinese proprietaria di TikTok – potrebbe dover pagare una sanzione fino al 6% del proprio fatturato globale annuo. Oltre alla multa, TikTok rischierebbe anche di finire sotto una supervisione rafforzata da parte delle autorità europee, per assicurare il rispetto delle normative in futuro.

In entrambe le situazioni, emerge chiaramente un tema ricorrente: le piattaforme digitali sono sempre più usate per attività non lecite, sfruttando i margini di ambiguità e l’enorme quantità di contenuti generati dagli utenti. La chiusura dei marketplace su Telegram e l’inchiesta europea su TikTok dimostrano che i governi stanno tentando di colmare queste lacune, ma anche che il contrasto alle attività opache online richiede strumenti sempre più sofisticati e una vigilanza continua.

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