Rita De Crescenzo elenca i colpevoli in politica nel podcast con Boccia: Se ci stanno loro, allora posso starci pure io

Con il suo stile diretto e senza filtri, Rita De Crescenzo torna a far discutere, lanciando una nuova provocazione che ha rapidamente acceso il dibattito sui social.

Rita De Crescenzo elenca i colpevoli in politica nel podcast con Boccia: Se ci stanno loro, allora posso starci pure io

 «Rita, cosa stai leggendo?» «Degli articoli che parlano male di me… dicono sempre le stesse cose. Ma poi, leggendo, leggendo… guarda questi del Governo.» Inizia così il nuovo episodio del Pasta Podcast, il format ideato da Maria Rosaria Boccia che affianca l’ormai celebre influencer napoletana Rita De Crescenzo. Una puntata che prometteva scintille e non ha deluso le aspettative, accendendo i riflettori su una nuova provocazione destinata a far discutere. Reduce dalla bufera mediatica per la sua partecipazione alla manifestazione contro il riarmo tenutasi sabato scorso, Rita De Crescenzo tra ironia, indignazione e dichiarazioni che sfiorano il surreale si lancia in un confronto diretto con il mondo della politica istituzionale.

Un gesto carico di simbolismo, dove la voce dell’ex “malamente”, come lei stessa si definisce, si sovrappone ai nomi eccellenti delle istituzioni. La influencer parte da un assunto chiaro: se il passato giudiziario e le pendenze penali non hanno impedito a molti politici di ricoprire ruoli di rilievo, allora anche lei che ammette le sue colpe ma rivendica il diritto a un riscatto può aspirare a entrare in Parlamento. “Se stanno là loro, posso starci pure io”, afferma. Una frase potente, che apre a una riflessione tutt’altro che banale: stiamo assistendo a un livellamento verso il basso dell’etica pubblica? È sufficiente aver già sbagliato ma non troppo per sentirsi legittimati a fare politica? Nel corso del video, Rita legge con qualche difficoltà e tanta enfasi una lista di nomi noti del panorama politico, tutti appartenenti alla maggioranza di Governo e tutti, secondo quanto riportato, con vicende giudiziarie alle spalle. Un elenco puntuale, che sembra voler restituire una paradossale “normalità” alle condanne, alle indagini e alle imputazioni. Ecco alcuni passaggi:

1)Andrea Delmastro, sottosegretario alla Giustizia, condannato ma rimasto in carica.

2)Daniela Santanché, ministra del Turismo, prossima al processo per falso in bilancio e coinvolta in ulteriori indagini per bancarotta fraudolenta e truffa aggravata.

3)Augusta Montaruli, deputata FdI, condannata per peculato per aver utilizzato fondi pubblici per spese personali.

4)Carlo Fidanza, eurodeputato, che ha patteggiato una pena per corruzione.

5)Emanuele Pozzolo, imputato per porto illegale di armi e munizioni da guerra.

6)Antonio Tajani, ministro degli Esteri, bersaglio politico per le sue posizioni sul finanziamento ai partiti e sul reddito di cittadinanza.

7)Guido Crosetto, accusato di aver mentito sulla propria laurea.

8)Matteo Piantedosi, ministro dell’Interno, risulta indagato.

9)Raffaele Fitto, condannato in primo grado nel 2013 per finanziamento illecito ai partiti.

Un elenco che dura diversi minuti, tra pause, incertezze e battute, ma che riesce nel suo intento: creare un corto circuito mediatico tra chi si erge a rappresentante istituzionale e chi, come Rita, da simbolo popolare vorrebbe fare il salto verso la politica ufficiale. A quel punto, interviene la conduttrice del podcast, Maria Rosaria Boccia, con un mezzo sorriso e una battuta che però suona come un incoraggiamento reale: «Abbiamo capito che tu ti puoi candidare, dobbiamo solo studiare».

E Rita non si tira indietro. Ringrazia, si dice determinata a “fare scuola” e a proseguire nel suo percorso di crescita: «Per tanti sono una “malamente” solo perché non so parlare bene l’italiano. Ma grazie a te, Rosaria, un giorno forse arriverò in Parlamento». L’influencer gioca apertamente la carta dell’underdog, la figura sfavorita ma vicina alla gente, che non ha i mezzi o il linguaggio della politica tradizionale, ma che conosce la strada, la sofferenza e, soprattutto, il popolo. Conclude con una riflessione che è al tempo stesso accusa e promessa: «L’unica differenza è che non parlo bene l’italiano». Come a dire: se questa è l’unica barriera all’ingresso in politica, allora forse non è così insormontabile. 

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