La nuova variante del coronavirus rilevata in Sudafrica tre settimane fa, ribattezzata Omicron, ha già raggiunto 57 Paesi e sta seminando ansia e paura in tutto il mondo. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha classificato “alto” il rischio globale associato a questa variante del covid-19 e molte nazioni hanno chiuso le frontiere impedendo l’atterraggio dei voli provenienti dal Sudafrica e da altre regioni africane.
Ma i medici del Sud Africa, i primi ad aver studiato Omicron, hanno osservato che il ceppo sta causando sintomi lievi quali mal di testa e affaticamento, ben diversi dalle difficoltà respiratorie e dai quadri acuti di infiammazione dei tessuti tipici delle precedenti versioni del virus. Se Omicron si rivelasse effettivamente più lieve di Delta, la sua comparsa sarebbe una buona notizia.
“Omicron potrebbe anche segnare la fine della paura pandemica“, commenta Arnaldo Caruso, presidente della Società Italiana di Virologia, e segnare l'”inizio della fase attesa dalla comunità scientifica di tutto il mondo: una convivenza pacifica tra l’uomo e il coronavirus. Se la nuova variante si rivelasse davvero più trasmissibile, ma meno aggressiva, potrebbe essere l’adattamento del Sars-CoV-2 che stavamo aspettando”.
L’obiettivo dei virus, in particolare dei virus respiratori come il Sars-CoV-2, è infettare quanti più ospiti possibile, sfruttando l’organismo per moltiplicarsi e continuare a circolare. Il virus non ha convenienza nell’eliminare l’organismo che lo ospita comportandosi in modo aggressivo, in quanto morirebbe anche lui: meglio cercare la convivenza che gli permetta di sopravvivere. “Meno sintomi o addirittura nessun sintomo, più possibilità ha un virus di infettare, di continuare il suo corso e di prevalere nella sua forma più contagiosa, più veloce ma più leggera. Questo forse è quello che sta accadendo, anche se ad oggi i dati disponibili sono pochi e c’è ancora tutto da verificare e capire“, sostiene Arnaldo Caruso, che è anche professore di microbiologia e microbiologia clinica all’Università degli studi di Brescia.
Il coronavirus come un raffreddore
L’ipotesi che la convivenza con il coronavirus possa trasformare il covid-19 in un mero patogeno stagionale alla stregua dell’influenza o di un raffreddore è stata più volte avanzata dai ricercatori. Lo scorso gennaio, un articolo pubblicato su Science basato sullo studio di altri coronavirus umani prevedeva che un giorno Sars-CoV-2 sarebbe diventato endemico, un agente patogeno che circola a bassi livelli e solo raramente causa malattie gravi.
Al momento si conoscono pochi casi gravi con omicron, ma finora ha colpito soprattutto i giovani, per i quali il covid si manifesta solitamente in modo lieve. Restano molte incognite da risolvere per conoscere l’impatto che Omicron avrà sulla salute pubblica.