Il Long Covid dura 4 mesi, alterando il sonno e la frequenza cardiaca

A precisarlo è stato uno studio pubblicato sulla rivista “Jama Network Open”, una volta monitorati i segni lasciati sul corpo dalla malattia. La ricerca ha altresì svelato che il Long Covid colpisce il 14% dei contagiati.

Il Long Covid dura 4 mesi, alterando il sonno e la frequenza cardiaca

Con la pandemia si è potuto appurare che oltre a colpire i polmoni, il Covid-19 arreca una lunga serie di effetti negativi sull’organismo. Tra questi, un fattore di rilievo assume la sindrome da Long Covid, caratterizzata da diversi disturbi come stanchezza, ansia, insonnia, problemi di memoria e difficoltà di concentrazione, vere e proprie “disfunzioni” che si trascinano per alcuni mesi dopo la guarigione.

Come documentato da uno studio apparso sulla rivista Jama Network Open, l’indesiderata “coda” della malattia colpisce il 14% delle persone infettate dal Coronavirus. Mediamente, tale condizione conosciuta con l’appellativo di sindrome post-Covid o Covid-19 cronico ha una durata di circa 4 mesi

Per arrivare a queste conclusioni, i ricercatori hanno confrontato i dati di 641 individui affetti da malattie respiratorie, ma negativi al Covid, con le condizioni di salute di 234 volontari colpiti dal virus. Per monitorare il raffronto, gli studiosi si sono avvalsi di dispositivi indossabili che rilevano i parametri vitali come smartwatch e fitness tracker.

Si è così appurato che la frequenza cardiaca a riposo nei pazienti Covid non ritorna normale prima di due mesi e mezzo, mentre il ritmo sonno-veglia si regolarizza dopo 24 giorni dalla diagnosi. Con il Long Covid, i tempi si protraggono, non a caso la frequenza cardiaca rimane più alta del normale anche per quattro mesi. Ma a destare maggior interesse è un’altra tematica: chi sviluppa la forma cronica della malattia, il più delle volte presenta inizialmente delle sintomatologie più gravi

Jennifer Radin, uno degli autori della ricerca che collabora allo Scripps Research Translational Institute, è dell’idea che focalizzandosi su questo aspetto, sin dalla prima diagnosi di positività sarà possibile predire quanto tempo sarà necessario al paziente per guarire. Ovviamente per avere un quadro più chiaro del fenomeno, sarà necessario condurre ulteriori test. Non a caso è lei stessa a precisare che “in futuro, con un campione più numeroso, sarà possibile capire perché le persone hanno sintomi così diversi l’una dall’altra”.

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