Oltre ad accanirsi soprattutto con i soggetti più fragili, quelli che per intenderci il più delle volte presentano delle patologie croniche pregresse, il Covid-19 è in grado di raddoppiare la mortalità anche a seguito di un intervento chirurgico. A confermarlo è uno studio condotto negli USA avvalendosi dei dati riguardanti un campione di 5.500 pazienti chirurgici.
Come documentato su Jama, una delle più autorevoli riviste del settore pubblicata dall’Associazione medica statunitense, tra i pazienti colpiti dal Sars-CoV-2 la percentuale dei decessi per interventi chirurgici è pari al 14,8%, un valore pressoché doppio rispetto al 7,1% dei non contagiati.
L’indagine riportata all’interno del report di Malattie Infettive dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, così come documentato da Roberto Cauda, infettivologo e revisore scientifico dei parametri Covid del Governo oltre che ordinario di Malattie infettive all’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha tenuto conto sia degli interventi chirurgici di urgenza che di quelli programmati da tempo.
A confermare questo dato troviamo un’altra ricerca condotta a livello internazionale dal gruppo GlobalSurg Collaborative, pubblicata sulla rivista scientifica Anaesthesia. Lo studio in cui sono stati coinvolti 1.674 ospedali di 116 Paesi del mondo, ha potuto contare sulla collaborazione di 1.500 autori che hanno analizzato le informazioni di oltre 140.000 pazienti.
Esaminando la considerevole mole di dati resi disponibili, si è potuto concludere che nei pazienti che presentano dei sintomi nei 7 giorni successivi alla diagnosi di infezione, rinviare l’intervento chirurgico potrebbe ridurre in maniera apprezzabile l’incidenza della mortalità post-operatoria.
Giuseppe Giannaccare, docente di oftalmologia dell’Università degli Studi di Catanzaro che ha preso parte all’analisi, per sottolineare l’affidabilità dei risultati raggiunti, ha fatto presente che per numero di pazienti, di Paesi e di ricercatori coinvolti, “questo sul timing post-operatorio è senz’altro lo studio più vasto di sempre, in assoluto”.
In ragione di questi dati, Claudio Iovino, ricercatore presso l’ Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli, si è spinto a ribadire che “indipendentemente dal tipo di chirurgia, i pazienti operati entro le sei settimane dalla diagnosi di infezione da Sars-Covid presentano un alto rischio di mortalità post operatoria”.