Se il Coronavirus si diffonde principalmente attraverso le goccioline del respiro delle persone infette, non bisogna dimenticare che esistono altre metodologie di trasmissione non meno pericolose. Come già documentato in passato con alcuni test di laboratorio, toccare con le mani le superfici contaminate può essere estremamente rischioso. Se sulla carta la sua sopravvivenza è di circa 3 ore, su legno e tessuti riesce a rimanere in vita fino ad un giorno, che diventano 3 o addirittura 4 nel caso di superfici lisce quali acciaio e plastica.
La strenua resistenza del virus è stata recentemente confermata anche da una serie di test condotti dal Csiro, il Commonwealth Scientific and Industrial Research Organisation, l’agenzia nazionale australiana delle ricerche scientifiche. I loro test, condotti utilizzando un metodo definito “estremamente sensibile”, è stato realizzato ponendo il virus a contatto con diversi materiali e oggetti di largo utilizzo come smartphone e banconote.
I risultati da loro raggiunti non sono certo rassicuranti. È stato infatti documentato che ad una temperatura di 20 gradi centigradi e in condizioni di buio, il virus riesce a resistere fino a 28 giorni se entra in contatto con banconote, vetro, acciaio, plastica e superfici lisce come i monitor di smartphone e cellulari. In queste medesime circostanze, gli esperti del Csiro hanno ricordato che il virus dell’influenza si dimostra più debole, riuscendo a rimanere in vita per 17 giorni.
Qualora la temperatura dovesse alzarsi a 30 gradi, la resistenza scende invece a una settimana, per ridursi a 24 ore nel caso di una temperatura di 40 gradi. Il Covid-19 ha invece una minore capacità di sopravvivenza su superfici porose come il cotone: a fronte delle due settimane nel caso di temperature fredde, esposto al calore non riesce a resistere per più di 16 ore.
Trevor Drew, direttore dell’Australian Center for Disease Preparedness, commentando i risultati della ricerca ha precisato che quanto scoperto non deve lasciar intendere che le tracce di virus utilizzati nei test per infettare le colture cellulari, sono altresì in grado di contagiare un essere umano. Ricordando che le condizioni ambientali possono essere molto diverse da quelle presenti in laboratorio, non è però da escludere che “se una persona toccasse senza precauzioni questi materiali e poi si toccasse la bocca, gli occhi o il naso, potrebbe contrarre la malattia anche a oltre due settimane dalla contaminazione degli oggetti”.