In un periodo in cui i big della tecnologia fanno fatica a tutelare la privacy dei propri utenti, basti vedere i recenti trascorsi di Instagram e Snapchat, non sorprende che anche Twitter sia finito nel maelstrom degli scandali, con un bug che, riscontrato nel client per iOS, avrebbe condiviso la posizione geografica di alcuni utenti. Il problema, per fortuna, è stato risolto e, quindi, ci si è potuti concentrare sulle novità per rendere la piattaforma più utile per trovare le informazioni di cui si necessita, e sempre più emendata da propagatori di odio e fake news.
Secondo quanto pubblicato nei giorni scorsi da Apple Insider, sembra che la versione iOS di Twitter, prima d’esser stata corretta (via aggiornamento da server remoto o messa a disposizione di una nuova release), sia stata affetta da un bug nella gestione multi-account, che incorreva allorquando veniva attivata, anche su un solo profilo, l’opzione della posizione esatta (in realtà approssimata a 5 km quadrati, e precisa quanto l’indicazione di un CAP). Nella fattispecie in questione, venivano condivisi i dati di localizzazione di tutti gli account Twitter configurati su uno stesso client iOS, ed è capitato – come ammesso dal servizio stesso tramite @TwitterSupport – che queste informazioni siano state memorizzate e condivise con un partner fidato del microblog: per fortuna, la cosa è durata per poco, e l’interlocutore di Twitter ha prontamente rimosso i dati incriminati, con il team di Jack Dorsey che ha già provveduto a contattare gli utenti interessati.
Davvero un peccato, considerando i validi progetti attuati da Twitter nello stesso periodo. Il riferimento, in questo frangente, è innanzitutto all’iniziativa messa in campo la settimana scorsa, prima che le elezioni australiane dessero la maggioranza dei seggi a una coalizione nazional liberale: Twitter, facendo tesoro di una ricerca secondo cui, nella terra dei canguri gli utenti tra i 18 ed i 21 anni erano i più inclini a cambiar bandiera all’ultimo minuto, ha pensato bene, nell’ambito di un’iniziativa che si spera possa essere replicata anche altrove, di attivare la chatbot @TwitterAU, seguendo la quale gli utenti locali potevano chiedere ed ottenere informazioni sulle corrette modalità di voto, su dove andare a votare, e sui candidati della propria circoscrizione.
Anche l’automazione nella moderazione dei contenuti sta dando i suoi frutti. La piattaforma del canarino azzurro, nel rendere noto i dati completi del 2018, ha confermato d’aver rimosso, grazie (nel 91% dei casi) a sempre più efficaci tecnologie automatiche, qualcosa come 371 mila account che propagandavano il terrorismo, con la quasi metà dei quali – 166 mila – cancellati nel solo secondo trimestre 2018. Di conseguenza, all’insegna di una tendenza costante che va avanti da quache anno, secondo il colosso con sede a San Francisco, in California, sarebbero sempre di meno i raggruppamenti terroristici che farebbero ricorso a Twitter per i loro scopi propagandistici.
Stesso discorso per i contenuti no-vax, censurati su Twitter da metà Maggio (non in modo uniforme quanto a mercati di applicazione): in pratica, effettuando una ricerca su contenuti legati ai vaccini, verrà suggerito un link a una fonte certificata sull’argomento. Negli USA, è il sito “vaccines.gov” gestito dal locale dipartimento per la salute ma – man mano che la funzione si estenderà, lato mobile e desktop, in sempre più paesi – varieranno, di conseguenza, anche le fonti autorevoli cui far riferimento.