Nel mentre Snapchat è impegnata nell’ufficializzare diverse novità volte ad accrescerne l’appeal, la rivale Facebook – comunicata una brutta notizia ai rari possessori di un Windows Phone – sta affrontando, come spesso le è accaduto negli ultimi tempi, problemi di trasparenza nel rapporto con gli utenti, e di serena coabitazione con le istituzioni che – di questi ultimi – proteggono vita e diritti.
Business Insider, importante portale online, ha pubblicato un articolo, poi rilanciato anche da Android Pit, in cui rivela come Facebook abbia pagato un celebre quotidiano inglese, il Daily Telegraph, perché, con i suoi articoli, contribuisse a migliorare l’immagine della piattaforma su temi cruciali.
Il tutto è avvenuto con una serie di “Storie”, intitolate “Essere umani nell’era dell’informazione“, in alcuni delle quali venivano intervistate delle personalità esterne (come il genetista Adam Rutherford, secondo il quale c’erano poche prove a conferma che un ingente screen-time influisse negativamente sullo sviluppo dei bambini) o interne al social (come il vicepresidente della divisione nord-europea, Steve Hatch, secondo il quale la sua azienda non avrebbe mai venduto i dati delle persone e, anzi, avrebbe portato a 30 mila i controllori per i contenuti da rimuovere tempestivamente, nonostante alcuni giorni dopo il social abbia ospitato la diretta della strage di Christchurch), senza dimenticare veri e propri manifesti ai buoni sentimenti (es. l’articolo “Come la donazione su Facebook ha trasformato la raccolta di fondi“, o le parole di Mark Foster, ex nuotatore olimpico, sulla necessità di promuovere comportamenti positivi in Rete).
Gli articoli, dotati di apposita didascalia “offerti da Facebook” (lett. brought to you by Facebook) messa ben in evidenza, ma troppo simili agli articoli normali tanto da trarre in inganno un utente frettoloso e poco smaliziato, sono stati ammessi da Vicky Gomes, portavoce di Menlo Park, come parte di uno spettro più ampio di interventi di marketing destinati al Regno Unito, assieme alle guide che insegnano agli utenti come settare al meglio le proprie impostazioni in tema di privacy, o affrontare localmente il tema delle fake news.
La moral suasion vista nel Regno Unito non sembra aver dato i suoi frutti in un paese del Commonwealth, l’Australia, visto che – secondo il portale tecnologico 9to5google – le istituzioni del posto, scosse per quanto accaduto nella vicina Nuova Zelanda, hanno approvato un disegno di legge che impone ai colossi del web, tra cui anche Twitter e Instagram, di rimuovere il prima possibile (es. entro un’ora e mezza) i contenuti violenti (stupri, assassini, tentati omicidi, stragi, etc) pena una condanna fino a 3 anni di carcere per i dirigenti delle aziende e multe fino a 1.5 milioni di dollari per le stesse.
Anche gli sparuti utenti dei Windows Phone, in verità, non devono essere particolarmente contenti del gruppo Facebook. Il social, considerando anche che Redmond staccherà la spina al suo OS mobile dal Dicembre 2019, non distribuendovi più fix ed update di sicurezza, ha comunicato – via notifiche – che dal 30 Aprile Messenger, Facebook, e Instagram, smetteranno di funzionare su colui che ha osato sfidare Android e iOS.