Secondo un report pubblicato da Motorola, una delle tipologie di incidenti in cui più frequentemente incorrono gli smartphone consiste nella rottura del display (capitata al 53% dei possessori di telefono almeno una volta): purtroppo, in frangenti simili, il costo di una riparazione è così elevato che pressappoco il 21% decide di continuare ad usare il telefono nonostante il display briccato. Motorola, già da qualche anno, è impegnata nel risolvere questo problema e, di recente, ha lasciato trapelare un brevetto che potrebbe rappresentare la soluzione definitiva.
Un paio di anni fa, nel 2015, Motorola annunciò il Droid Turbo 2 (erede del già resistente Droid Turbo), un medio gamma con una scheda tecnica ancor oggi valida (3 GB di RAM, Snapdragon 810, minimo 32 GB di storage) che, come caratteristica peculiare, vantava un display infrangibile grazie alla tecnologia “Moto ShatterShield” che, in sostanza, fissava il pannello AMOLED su un telaio in alluminio, ponendo uno strato protettivo fatto da polimeri plastici sia all’esterno che all’interno del display. Il risultato era una resistenza – ad urti e cadute – notevole.
Ora, il noto hardware maker telefonico potrebbe puntare ad un salto di qualità, introducendo presto degli smartphone con display auto-riparanti. È quanto emerge da un brevetto, relativo ad un certo “smart glass”, depositato presso l’USPTO, l’ufficio che – negli USA – tutela la proprietà intellettuale. Secondo i disegni e la documentazione allegata, lo smart glass consisterebbe nella disposizione, sopra un pannello a LED o LCD, di uno strato di polimeri plastici capaci di ricordare la loro forma originaria (“Shape Memory Polymers”).
Qualora il telefono dovesse ravvisare un danno sulla sua superficie, potrebbe chiedere l’autorizzazione all’utente, e far partire un processo di riparazione (“Thermal element control”): in questo caso, a seconda della posizione del danno, verrebbe attivato un sensore capace di produrre una certa quantità di calore che, a sua volta, solleciterebbe il polimero a “rilassarsi”, tornando alla forma originaria, e colmando un’eventuale piccola fessura.
Il processo potrebbe essere guidato dall’utente, che col tocco comunicherebbe al sistema operativo ove concentrare l’azione riparatoria, ma prevederebbe un tot di minuti di inutilizzabilità del device: Motorola, però, ha precisato che il processo potrebbe anche concludersi in modo imperfetto, con qualche deformazione finale, e che si presta più che altro a risolvere piccoli danni.
Un’idea comunque molto valida sulla quale, purtroppo, come in molti altri casi del genere, non vi sono informazioni circa una prossima introduzione in forma concreta, sui venturi device della casa.