Nell’ambito di un recente studio dell’Istituto Telethon di genetica e medicina (Tigem) di Pozzuoli, coordinato da Carmine Settembre e pubblicato sulla prestigiosa rivista “Nature”, è stato scoperto che un meccanismo biologico, chiamato autofagia, importantissimo per il funzionamento dei tessuti dell’organismo umano, è coinvolto nella corretta crescita delle ossa e dunque nello sviluppo completo dello scheletro, soprattutto subito dopo la nascita (periodo post-natale). I ricercatori hanno scoperto anche i fattori che regolano questo processo.
Per arrivare a questi risultati gli esperti hanno osservato in laboratorio dei topi, notando che l’autofagia non si attiva in modo regolare nei topi privi di uno dei fattori di crescita chiamati Fibroblast Growth Factors FGF (in particolare FGF18), regolatori biologici del corretto sviluppo scheletrico: questo provoca il malfunzionamento dei condrociti e, di conseguenza, malformazioni e patologie ossee. In seguito, stimolando l’autofagia con l’utilizzo di un apposito farmaco, i ricercatori hanno assistito al recupero del difetto osseo.
Rapportando questa situazione sull’uomo, una delle malattie ossee sopra citate potrebbe essere l’acondroplasia, che rappresenta ad oggi la forma più comune di nanismo nell’uomo.
Gli individui che soffrono di acondroplasia si caratterizzano per bassa statura (altezza massima di 140 cm), arti corti, testa proporzionalmente più grande del corpo e difficoltà nello sviluppo motorio (dimostrata dall’andatura altalenante); si tratta di una condizione pericolosa perché le persone che ne soffrono hanno un rischio di mortalità più elevato a causa di un maggiore rischio di ostruzione delle vie aeree e di compressione del midollo spinale.
Sebbene queste prime ricerche siano state effettuate per il momento solo sui topolini di laboratorio e non è detto che siano riproducibili nell’uomo, Carmine Settembre ha commentato: “È un risultato interamente italiano, di cui siamo molto orgogliosi. Il nostro studio suggerisce che l’utilizzo di attivatori del processo di autofagia potrebbe essere in futuro una strada percorribile per il trattamento di patologie scheletriche che attualmente non hanno alcuna cura. Il nostro lavoro e la nostra speranza sono orientate proprio in questa direzione”.