Ultimamente gli scienziati stanno prendendo spesso spunto, per le loro creazioni, dagli esempi della natura: abbiamo visto che un’università della California si è concentrata sulle batterie basate sui funghi Champignon ma non è il solo episodio degno di nota. Anzi.
Negli ultimi periodi sembra che anche la prestigiosa università di Harward si sia concentrata su come prendere spunto, per le esigenze umane, dagli esempi della natura. L’ateneo in questione ha creato dei “robobees”, ovvero – come intuibile dal nome – dei microscopici insetti robot in grado di volare a 120 Hz nell’aria e di poggiarsi anche in acqua, proprio come vere e proprie libellule.
I nanodroni citati, ovvero i Robobees, sono anche in grado, scalando la velocità delle loro piccole ali a 9 Hz, di immergersi nell’acqua e di muovervisi come fossero le larve degli insetti di fiume e di stagno.
Unico neo della miniaturizzazione realizzata è quello dell’alimentazione: i Robobees, attualmente, hanno bisogno di essere collegati – via cavo – ad una fonte di energia e, verosimilmente, diverranno più grandi quando si tratterà di integrarvi una qualche specie di batteria (magari biologica?).
Sempre in tema di tecnologie che si muovono come elementi della fauna, un’altra ricerca proviene dall’università italiana di Tor Vergata e dall’ENEA (Agenzia Nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) che, insieme, hanno presentato una ricerca similare nell’ambito del convegno, all’EXPO Venice, “Le tecnologie di comunicazione a tutela delle acque marine ed interne: ricerca ed attualità”.
Nella ricerca esposta dagli enti italiani, emerge il progetto di alcuni piccoli pesci robot in grado di muoversi in branco, come dei veri pesci, e di generare – insieme – una forma di intelligenza collettiva: nello specifico questi pesci robot potrebbero essere usati per monitorare gasdotti, piattaforme petrolifere, il mare aperto, i flussi migratori, e per scoprire relitti (anche archeologici) depositati sul fondo marino.
Anche l’inquinamento marino potrebbe essere tenuto sotto controllo da parte di questi esseri che, come i nano insetti visti in precedenza, potrebbero comunicare tra loro tramite segnali luminosi (nel caso di buona visibilità) o con segnali acustici (nel caso di nebbia o acque torbide) in modo da trasmettere costantemente – tra loro e con la superficie – diversi megabit di preziosi informazioni al secondo.
Un domani, quindi, alcuni compiti utili – come quello del monitoraggio ambientale – potrebbero essere deputati ad esseri piccoli, ben mimetizzati e fusi con la natura stessa, e – soprattutto – economici viste le loro piccole dimensioni e, magari, la loro natura organica ed ecologica.