Una nuova cura per la leucemia a cellule capellute

Uno studio italo-americano ha portato alla scoperta di un farmaco a base di vemurafenib che, sostituito alla tradizionale chemioterapia, sarebbe in grado di curare i soggetti affetti da leucemia a cellule capellute.

Una nuova cura per la leucemia a cellule capellute

La cura delle leucemie sembra essere ora più vicina. Questo grazie ad un recente studio internazionale (per metà italiano e per metà statunitense) guidato dall’ematologo Brunangelo Falini, direttore della Struttura Complessa di Ematologia con Trapianto di Midollo Osseo dell’Ospedale Santa Maria Misericordia di Perugia, che ha portato alla scoperta di un farmaco in grado di curare i pazienti affetti da una particolare forma di leucemia, la leucemia a cellule capellute (LCC).

La ricerca è stata finanziata dall’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro (Airc) nell’ambito del programma Airc 5 x mille ed è stata pubblicata sulla rivista “New England Journal of Medicine”.

Questa tipologia di leucemia è caratterizzata da una evidente diminuzione dei globuli bianchi, globuli rossi e piastrine presenti nel sangue, che può portare il paziente a sviluppare gravi infezioni. Purtroppo i farmaci utilizzati finora non sono stati in grado di curare la malattia: nella maggior parte dei soggetti, dopo un certo periodo di tempo variabile (dai 2 ai 10 anni) la leucemia faceva di nuovo la sua comparsa. Invece il nuovo farmaco, che si assume per via orale (dunque meno forte rispetto alla tradizionale chemioterapia) è a base di vemurafenib, un principio attivo che va a colpire selettivamente la lesione genetica che è causa della leucemia a cellule capellute e cioè la mutazione del gene BRAF.

Il professor Falini ha commentato: “Si tratta di uno stupefacente passo in avanti nella terapia delle leucemia a cellule capellute, così definita per la presenza di tipici prolungamenti sulla superficie delle cellule leucemiche che richiamano i capelli. Questa malattia, oltre a causare la drastica riduzione delle cellule del sangue (globuli rossi, globuli bianchi e piastrine) che predispone il paziente alle infezioni, determina anche un ingrossamento abnorme della milza. E alla domanda “Come si è arrivati a questi risultati?” ha risposto: “Per risolvere il mistero, abbiamo sequenziato i 3 miliardi di lettere chimiche del Dna di un paziente affetto da leucemia a cellule capellute, scoprendo una mutazione in una sola di queste lettere, in un gene chiamato Braf, identificando così un nuovo bersaglio diagnostico e terapeutico”.

Una nuova scoperta importante che si aggiunge ad un’altra, anche questa recente, che vede in un farmaco per il diabete una possibile soluzione nella cura della leucemia.

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