L’ultima moda del web: il Wikibombing che invade siti e pagine Facebook

Ultimamente, diversi articoli di importanti quotidiani online sono stati commentati con ricerche tratte dalla Wikipedia, o con vere e proprie ricette. Si tratta della moda virale del "Wikibombing". Scopriamo di cosa si tratta.

L’ultima moda del web: il Wikibombing che invade siti e pagine Facebook

Ultimamente, in internet, sui siti dei principali quotidiani online, e nei loro corrispondenti account social, si sta assistendo ad un curioso fenomeno che, in breve, è diventato virale, e che risponde al nome di “Wikibombing”. Vediamo di cosa si tratta.

Nei giorni scorsi, anche a seguito della proposta di matrimonio fatta da Fedez a Chiara Ferragni, nel corso di un concerto, è accaduto qualcosa di molto curioso, in internet: diversi utenti, infatti, hanno commentato questa ed altre notizie simili, con argomenti che, apparentemente, erano del tutto slegati, e che nulla centravano con l’oggetto dell’articolo che li precedeva.

Si trattava di ricette complete, con ingredienti, tempistiche, e modalità di preparazione. E di ricerche prese dalla Wikipedia, e inerenti eventi e personaggi famosi (ad es. il gossip su Fedez-Ferragni è stato attenzionato con una ricerca sul “patto Motolov-Ribbentrop” (non aggressione/neutralità del Terzo Reich nazista nei confronti dell’URSS di Stalin). 

“Slow News”, una testata che si propone di portare l’informazione di qualità nelle mail degli utenti, attraverso un servizio di newsletter a pagamento, ha fatto luce sull’accaduto, ed ha scoperto che questo fenomeno si chiama “Wikibombing” o, secondo i più esperti, “knowledge guerrilla bombing”, e che è una modalità di protesta degli utenti verso quei quotidiani online – come “Il Fatto Quotidiano” o anche “Repubblica” – che, anzicché fare informazione di qualità, si concedono spesso ad argomenti e tematiche gossipare, light, e pop, con il solo scopo di incentivare i click da parte degli utenti (“clickbaiting”). 

Repubblica, prendendo parte alla querelle, ha spiegato che, a suo avviso, questa forma di protesta “pacifica” rischia di ottenere un risultato opposto rispetto ai propositi che ne sono all’origine: tempestando taluni post “sgraditi” di commenti in stile “Wikibombing”, se ne aumenta l’engagement, col rischio che Facebook dia ancora più rilievo e visibilità alle notizie ritenute – dal pubblico – di scarsa qualità

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