Sydney: trapiantati con successo due cuori che non battevano più

Due cuori che non battevano più da oltre venti minuti sono stati trapiantati con successo grazie ad una nuova tecnica all'avanguardia. Gli interventi sono stati eseguiti a Sydney ed i pazienti si sono già svegliati dall'anestesia

Sydney: trapiantati con successo due cuori che non battevano più

Sono stati trapiantati per la prima volta due cuori che non battevano più da venti minuti. L’operazione è avvenuta con successo.

Ancora una volta un successo per la scienza, questa volta il vero e proprio miracolo si è verificato a Sydney al St.Vincent’s Hospital dove per la prima volta nelal storia delal medicina sono stati trapiantati due cuori che avevano smesso di battere da oltre venti minuti.

Gli interventi sono stati eseguiti sue tre pazienti, due di questi stanno bene adesso e si sono già svegliati dall’anestesia, mentre il terzo è ancora in terapia intensiva e non si conoscono le sue prospettive di ripresa.

Si tratta di una tecnica decisamente nuova ed all’avanguardia, tanto che il direttore dell’Unità trapianti di cuore e polmoni dell’ospedale Peter MacDonald l’ha definita “una svolta epocale”, che potrebbe decisamente aumentare del 30% le probabilità di salvare le persone affette da patologie cardiache tanto serie da richiedere un trapianto.

Fino a questo momento, infatti, era stato possibile soltanto trapiantare dei cuori che ancora battevano, da parte di donatori cerebralmente morti. Adesso, invece, grazie a questa nuova tecnica tutto potrebbe cambiare.

Ad eseguire gli interventi il professor MacDonald insieme al chirurgo cardiotoracico Kumud Dhital. Come ha spiegato lo stesso professore i cuori donati sono stati posti in una console e sommersi con della soluzione protettiva che i medici dell’ospedale avevano specificamente inventato. I cuori sono stati poi collegato ad un circuito che li faceva battere e li teneva caldi.

“Tutto questo è stato possibile grazie allo sviluppo della soluzione protettiva e di una tecnologia che permette di preservare il cuore, risuscitarlo e monitorare la sua funzione “ ha dichiarato MacDonald. Una procedura, ovviamente, che non è nata ieri ma che è il frutto di uno studio lungo vent’anni. “Abbiamo svolto delle ricerche per capire quanto a lungo il cuore possa sostenere la mancanza di battito. Abbiamo poi sviluppato la tecnica per riattivarlo nella console. Per fare questo abbiamo rimosso sangue dal donatore per caricare il congegno e poi abbiamo estratto il cuore, l’abbiamo collegato al congegno, l’abbiamo riscaldato e ha cominciato ha battere” ha terminato il professore MacDonald.

Una tecnica, quindi, molto importante che apre una nuova strada in fatto di trapianti e che in futuro potrà cambiare la vita di molte persone. Da domani in poi, quindi, per donare non bisognerà badare alla morte cerebrale ma a quella cardiaca.

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