Il consumo giornaliero di capsaicina fa bene al fegato

Il consumo giornaliero di capsaicina, principio attivo contenuto nel peperoncino previene e cura alcune patologie a carico del fegato, questo è stato dimostrato da alcuni recenti studi presentati a Vienna all'International Liver Congress 2015

Il consumo giornaliero di capsaicina fa bene al fegato

Il consumo giornaliero di capsaicina, composto chimico presente in diverse concentrazioni in piante del genere Capsicum, fa bene al fegato. Questo secondo i recenti studi presentati a Vienna all’International Liver Congress 2015. Questa sostanza sarebbe infatti in grado di prevenire e curare alcune patologie a carico del fegato. Il consumo quotidiano di capsaicina è in grado di ridurre l’attivazione delle cellule stellate epatiche, particolari cellule impegnate nello sviluppo di diverse malattie del fegato, tra cui la fibrosi epatica.

Il Capsicum.L è un genere di piante della famiglia delle Solanaceae, originario delle Americhe ma oggi coltivato in tutto il mondo. Il genere racchiude oltre al noto peperone varie specie di peperoncini piccanti, ornamentali e dolci. Secondo alcune teorie il nome latino “Caspicum” deriva da “capsa” che significa scatola, e deve il nome alla forma caratteristica del frutto, che fa riferimento proprio ad una scatola con dentro i semi.

Altri invece lo farebbero risalire al greco kapto che significa mordere, richiamando il gusto del piccante.  Il frutto viene mangiato secco, affumicato, cotto o crudo. Il tipico sapore piccante dei peperoncini è dovuto appunto alla capsaicina. 

I topi usati per lo studio sul ruolo della capsaicina sono stati divisi in due gruppi: al primo è stata data la capsaicina mescolata al loro cibo giornaliero dopo che era stato legato loro per tre giorni il dotto biliare principale, evento che comporta un aumento di bile e aumenta il rischio di presentare la fibrosi epatica.

Il secondo gruppo invece, ha consumato la capsaicina nel loro pasto abituale prima e dopo l’esposizione cronica al tetracloruro di carbonio, agente epatotossico. Dai risultati dell’esperimento si è visto che nel primo gruppo di topi la capsaicina ha migliorato in parte i danni al fegato dovuti dalla legatura del dotto biliare e di prevenire un aggravamento delle lesioni mentre nel secondo gruppo si è dimostrata capace di prevenire la fibrosi epatica dovuta all’esposizione al tetracloruro di carbonio, anche se non è stata in grado di ridurre i livelli di fibrosi quando la malattia si era già presentata.

Secondo gli studiosi e i ricercatori, gli importanti risultati ottenuti sono un incentivo ulteriore a sostenere ulteriori ricerche e indagini sul ruolo della capsicina come agente curativo e preventivo per le malattie del fegato.

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