Ebola: in quarantena, per quattro giorni, due interi paesi

In Sierra Leone e in Liberia la gente dovrà rinchiudersi in casa dal 18 al 21 settembre, per impedire la diffusione del contagio dovuto all’epidemia di ebola. Sono in corso ulteriori studi per combattere il virus, partendo addirittura dai soggetti immuni

Ebola: in quarantena, per quattro giorni, due interi paesi

Sono già 3500 le persone infette in Africa Occidentale, e 2100 morti di ebola nelle regioni di Liberia, Sierra Leone, Guinea e Nigeria e registrati nel mese di marzo, secondo i documenti rilasciati dalle Nazioni Unite. In particolare, la Liberia è uno dei paesi più colpiti dall’epidemia: 491 casi di morte sui 2097 registrati in tutta l’Africa occidentale. A partire da venerdì scorso, la Sierra Leone ha contato 491 vittime, a cui si aggiungono più di venti operatori sanitari infetti dall’inizio dell’epidemia, che difficilmente però potrebbe trasformarsi in pandemia.

L’ebola è una malattia causata dal virus EBOV VP30, che provoca febbre emorragica a cui segue, nella maggior parte dei casi, la morte. La diffusione avviene tramite il contatto con sangue e fluidi corporei dei soggetti infetti. Per questo dal 18 al 21 di questo mese la popolazione dei due paesi più colpiti, Liberia e Sierra Leone, è stata invitata a rimanere nelle proprie case. Una quarantena per ostacolare il contagio e permettere agli studi medici di progredire. Il consigliere presidenziale della task force anti-ebola in Sierra Leone, Ibrahim Ben Kargbo, afferma: “È necessario un approccio aggressivo per affrontare la diffusione di Ebola una volta per tutte”.

Gli operatori sanitari adesso stanno lavorando per individuare e isolare i nuovi casi, evitando così un’ulteriore diffusione della malattia. Il primo ceppo del virus fu scoperto nel 1976 nella Repubblica Democratica del Congo, e finora ne sono stati isolati tre letali per l’uomo, ma ancora non si è trovato un vaccino capace di combatterlo completamente. L’Oms (l’Organizzazione mondiale per la sanità) ha intenzione di partire dal sangue di chi è guarito completamente dalla malattia per poter sperimentare un nuovo tipo di terapia. Certo è che non si sa ancora la percentuale esatta di sopravvissuti o immuni al virus.

Secondo Robert Garry Jr, esperto di febbri emorragiche della Tulane University che lavora in Sierra Leone intervistato dal New York Times, “una possibile arma potrebbe essere rappresentata anche dalle persone che risultano immuni dal virus”. Tuttavia è difficile, nonché molto rischioso, individuare tutti i soggetti che possiedono anticorpi per far fronte al virus dell’ebola, come del resto non è precisato quanti ne siano necessari per combatterlo una volta per tutte. “E’ giusto dire che alcune persone sono immuni – afferma Garry – ma attualmente non sappiamo se si tratti dell’1-2% della popolazione o anche del 20%“.  I sopravvissuti in tutte le regioni dell’Africa occidentale, ora immuni, secondo stime attuali sono circa 1800. Ma si pensa che esistano soggetti infetti che non hanno mai sviluppato i sintomi della malattia. Secondo Eric Leroy, virologo francese, i contadini residenti in Sierra Leone potrebbero essere immuni per aver mangiato frutti contaminati da pipistrelli, considerati i portatori di ebola per eccellenza. Il francese però ci invita a guardare la realtà attuale poiché, dice, “E’ ancora tutto da verificare”.

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