Consumare cannella per potenziare l’apprendimento

Da una ricerca americana è emerso che consumare cannella giornalmente aiuta ad invertire i cambiamenti biochimici, cellulari e anatomici che caratterizzano il cervello con bassa capacità di apprendimento e, dunque, a migliorare le performance cognitive.

Consumare cannella per potenziare l’apprendimento

Per coloro che soffrono di problemi di memoria e di concentrazione, legati magari a danni cerebrali, una possibile soluzione potrebbe trovarsi nella cannella, una delle spezie più usate al mondo (in Italia la si usa soprattutto in pasticceria).

Molte sono le proprietà neurologiche possedute da questa spezia, oltre a quelle antibatteriche, antisettiche e digestive, già da tempo note. Infatti da una ricerca condotta dal Rush University Medical Center di Chicago (Usa) e pubblicata sulla rivista “Journal of Neuroimmune Pharmacology” è emerso che piccole dosi giornaliere di cannella aiutano ad invertire i cambiamenti biochimici, cellulari e anatomici che caratterizzano il cervello con ridotta capacità di apprendimento.

Questa spezia agisce sull’ippocampo, da cui dipendono le capacità mnemoniche; infatti l’ippocampo degli individui che hanno difficoltà di apprendimento è caratterizzato da un minor livello di CREB e da un maggior livello invece di sub unità alfa-5 di recettori GABAA o GABRA5, che invece “remano contro” la memoria.

Da alcuni test effettuati su topi di laboratorio nutriti quotidianamente con cannella, i ricercatori hanno osservato che questi animali hanno metabolizzato questa spezia in benzoato di sodio (il sale di sodio dell’acido benzoico), sostanza di base dei farmaci usati nei trattamenti del cervello, in quanto capace di elevare i livelli di CREB e diminuire quelli di sub unità alfa-5 di recettori GABAA o GABRA5.

I ricercatori spiegano inoltre che la cannella di Ceylon è da preferire a quella cinese perché, sebbene entrambi vengano metabolizzati in sodio benzoato, la prima è molto più pura di quella cinese che contiene cumarina, una molecola epatotossica.

Il coordinatore della ricerca, Kalipada Pahan, ha dichiarato: “Se questi risultati venissero replicati anche negli studenti con le stesse caratteristiche, sarebbe un passo notevole passo avanti”. Prima però, sebbene non ci siano motivi validi per escludere gli stessi risultati sugli esseri umani, sarà opportuno effettuare ulteriori test sui cosiddetti ‘poor learner” anche nella nostra specie.

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