Carlo Carlà: La bicicletta

Breve film documentario su Gialma e Carlo Carlà, fondatori di un'azienda probabilmente rimasta l'ultima produttrice di biciclette artigianali nel sud Italia. Due persone che non si possono definire solo artigiani, ma veri artisti.

Carlo Carlà: La bicicletta

La differenza tra la bicicletta industriale e la bicicletta artigianale è alla basa del possesso di un oggetto unico. Un oggetto che può essere posseduto da tutti non ha un’anima, perché l’anima è ripartita tra mille oggetti” afferma Carlo Carlà, proprietario dell’omonima azienda probabilmente rimasta l’ultima produttrice d biciclette artigianali nel sud Italia. Carlà si racconta in un breve film documentario realizzato da Bob CaponeMarco Mazzotta in collaborazione con Gianni Mazzotta. Un cortometraggio che rivive l’esperienza di un uomo che ha fondato un’attività sulla base di una grande passione, e che tutt’oggi continua a vivere grazie alla dedizione del figlio. Due persone che non si possono definire solo artigiani, ma veri artisti. carlo carlà artigiano bici

L’uomo e la sua storia

La storia delle biciclette Carlà ha inizio nel lontano 1936 ad opera del capostipite Gialma Carlà, a Monteroni di Lecce. Ad ispirarlo fu un altro grande maestro, il signor Fircignanò di San Cesario di Lecce. Gialma Carlà apri quindi questa attività, dando luce a una passione che coinvolse anche il figlio Carlo Carrà che tuttora porta avanti il negozio del padre, con cura e dedizione. A sei anni, quando ancora non esisteva il mastice, Carlo Carlà imparò dal padre come mettere le toppe alle camere d’aria per riparare i fori. Durante la Seconda Guerra Mondiale, in assenza di mastice, si cercavano soluzioni alternative e meccaniche come il “riprap“, una specie vite che si introduceva nella camera d’aria e si avvitava con un tappino.

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A sedici anni Carlo Carlà costruì il suo primo telaio. Il padre, quando lo vedeva lavorare a questo suo primo prototipo, metteva le mani tra i capelli ma lo lasciò sempre fare da sè. Gialma Carrà non volle mai dargli suggerimenti: il giovane figlio inesperto doveva imparare a sue spese i trucchi del mestiere. Il telaio si ruppe dopo appena 15 giorni, ma questo fu solo il trampolino di lancio e Carlo Carlà a tra i 18 e in 19 anni era già in grado di produrre buoni telai da solo. Negli anni tra il 1953 e il 1957 l’attività produceva ancora biciclette per conto terzi, e in quell’arco di tempo il giovane Carlo Carlà arrivò a produrre sui 10.000 telai insieme a un paio di operai che nel frattempo erano stati assunti dal padre. Negli anni l’azienda fu portata avanti con dedizione, fino ai giorni nostri. Carlo Carrà nutre una tale passione per il suo mestiere da iniziare una collezione di biciclette d’epoca, e per questo ha riacquistato due biciclette che lui stesso aveva prodotto anni prima e che ora conserva gelosamente: una di queste vinse un campionato italiano con Ettore Costantini nel 1975, mentre l’altra fu venduta dallo stesso Carlo Carrà nel 1984 e riacquistata nel ’67.

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L’uomo e la bici

Nella seconda parte del video, Carlo Carlà si fa più riflessivo e condivide dei pensieri, che trasmettono appieno l’amore che prova per il suo mestiere: “L’utilizzatore della bicicletta quando si fa fare la bicicletta ci mette l’idea e un poco di anima. Il costruttore ci mette tutta l’anima, per servire il cliente e per sentirsi soddisfatto dell’opera realizzata“. “La bicicletta ha un’anima. La bicicletta sente anche l’umore di chi la pedala, perché sul pedale si scaricano le forze delle gambe, sul manubrio le forze delle braccia. Non diciamo nella sella…” afferma Carlo Carlà scherzosamente, e segue una fragorosa risata che contagia anche la persona dietro la videocamera. “Alla bicicletta ci si affeziona. la bicicletta è la protesi meccanica dell’uomo, ma anche la protesi mentale, perché la si sente quando ci si siede sulla sedia, quando si poggiano i piedi sui pedali. La si sente come cosa sua, come cosa facente parte di un complesso uomo-macchina“.

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