Turisti felici photoshoppati nei lager. Ecco il progetto "Yolocaust"

Il turismo di massa ha pervaso ogni angolo del mondo, soffermandosi poco sull'importanza di ciò che si visita. Il creativo Shapira ha realizzato il progetto "Yolocaust" proprio per invitare a riflettere sulla leggerezza con cui si visitano certi luoghi.

Turisti felici photoshoppati nei lager. Ecco il progetto "Yolocaust"

A Berlino, nel quartiere Mitte, sorge il “Memoriale dell’Olocausto”, una distesa piuttosto ampia nella quale – attorno ad un centro d’informazione museale – l’architetto americano Peter Eisenman e l’ingegnere Buro Happold hanno collocato un insieme di blocchi di cemento (quasi 3000), di varie dimensioni: tutti spersonalizzati, tristi, ruvidi, e freddi. Rappresentano i 6 milioni di ebrei trucidati dalla folle ideologia nazista, nel corso del secondo conflitto mondiale: nonostante il valore simbolico del posto, capita che alcuni turisti – ivi giunti – si concedano degli scatti alquanto impropri. Ecco come ha reagito, a tal proposito, l’autore satirico Shahak Shapira.

Shahak Shapira, un giovane creativo berlinese di origini ebraiche, è rimasto colpito da quello che ha visto fare ad alcuni turisti quando si aggiravano tra i blocchi del Memoriale dell’Olocausto. Un po’ come ha fatto il fotografo Roger Cremers, per documentare il turismo di massa nei campi di concentramento, ha pensato di varare un’iniziativa provocatoria che facesse riflettere su come, molto spesso, i turisti non abbiano il minimo rispetto per la storia, o il significato, del luogo che visitano.

È nata, in tal modo, l’idea – altamente critica, polemica, e pungente – alla base del progetto online “Yolocaust”: Shapira ha scandagliato tutti i principali social noti per le condivisioni di immagini (come Facebook e Instagram), e le app di dating in cui si è soliti postare foto per ottenere cuoricini e gradimenti (come Tinder, o Grindr).

Ha trovato quello che temeva, ovvero foto di persone che – visitando il Memoriale europeo – assumevano pose alquanto sconvenienti: vi era la ragazza che mimava posizioni Yoga su un blocco, dei turisti giapponesi che si appoggiavano a un blocco come fosse il bancone di un bar, una fanciulla che si teneva in equilibro tra due altissimi blocchi, e così via. Ha isolato i soggetti in questione dal contesto – comunque suggestivo, del Memoriale – e li ha photoshoppati in mezzo alle vittime ebree che quei blocchi, in effetti, rappresentano.

Se, prima, poteva scappare un sorriso, seppur di condanna nei riguardi di costoro, dopo, visti nella nuova, “originale” ed “originaria”, location, il risultato è tutt’altro, e quel che viene da pensare è che, decisamente, non vi sia nulla da ridere. Certo, l’autore del progetto – come ha ribadito in prima persona – non ha inteso creare Yolocaust onde attirare odio ed astio verso questi incauti turisti della domenica – additandoli come latori di comportamenti spregevoli – ma ha, di certo, messo in piedi un’ottima, e forte, provocazione per indurre le persone a riflettere sul vero significato del Monumento e, quindi, a portavi il dovuto rispetto

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