Quanti di noi hanno perso un caro amico, un parente, un conoscente, e poi hanno scritto sui vari social network dei post commemorativi, dedicato delle foto e immagini collage allo scopo di “non dimenticare”? Due studenti israeliti, Elazar Cohen e Shlomo Silverstone, amici e colleghi universitari, hanno compreso l’importanza di dare uno spazio più ampio a chi non c’è più, progettando “LifeVU”, il social network per i defunti, che attualmente ha sede a Gerusalemme.
Dice Cohen: “Abbiamo pensato potesse essere una strada non ancora battuta, così abbiamo organizzato un viaggio in America per saperne di più e ci siamo resi conto della necessità di tale settore”. Silverstone aggiunge: “Tutti i social network propongono soluzioni per persone vive. LifeVU è l’unica che prepara anche per l’altra vita”.
Come funziona: questo social network crea una pagina profilo al defunto, quindi con tutti i suoi dati anagrafici e altre informazioni. Chiunque, soprattutto la famiglia e gli amici, tramite il proprio profilo, può consultare la pagina e, oltre ad inviare messaggi, potrà dedicare immagini o foto di momenti passati, condividere pensieri, dediche e ricordi. Inoltre ci sono anche altre funzioni particolari: per esempio, “accendere una candela” per commemorare il defunto, inviare una “corona virtuale” e condividere un racconto o una storia che abbia a che fare con il defunto.
Il progetto è stato subito fonte d’interesse per molte agenzie funebri americane, che hanno contattato gli ideatori per saperne di più. Tutto questo anche grazie all’iniziativa, da parte dei due ragazzi, di inviare la “versione beta” (ovvero quella sperimentale) della piattaforma a quasi 30 mila agenzie di pompe funebri in tutto il Paese. Inutile dire che sin da subito è stato un successo strepitoso, che assicura l’inevitabile sviluppo futuro di LifeVU.
Le opinioni al riguardo tuttavia sono discordanti; alcuni dicono che sia davvero una bella idea, un’alternativa per tenere più al sicuro il ricordo di chi ormai non c’è più, altri invece pensano che per commemorare dignitosamente una persona siano più consoni i metodi “tradizionali”. I più razionali sostengono che questa sia solo una delle risposte alle esigenze del ventunesimo secolo, in cui, ormai, non esiste più un bisogno senza la possibilità di soddisfarlo.