Ryanair è una compagnia irlandese balzata agli onori della cronaca per i suoi voli low cost e per le proposte, a volte, originali del suo CEO Michael O’Leary (es. stoccare più passeggeri facendoli viaggiare in piedi). In questi ultimi mesi la compagnia in questione è entrata diverse volte in attrito con Google ed ora, dopo la sollecitazione di alcuni suoi clienti, Ryanair ha deciso di adire le vie legali proprio contro Google presso l’Alta Corte Irlandese per una questione di “scarsa trasparenza”.
Vediamo cos’è accaduto tra Google e Ryanair.
Google, come sappiamo, offre spazi pubblicitari e vigila affinché questi ultimi vengano utilizzato in modo corretto. Ryanair non ha nulla contro il fatto che Mountain View implementi le sue query con banner pubblicitari ma imputa alla compagnia californiana di non aver vigilato adeguatamente sulla trasparenza degli annunci messi online dall’inserzionista “eDreams” che, com’è noto, si offre di comparare diverse compagnia aeree per fornire la tariffa aerea migliore.
Nello specifico, quando su Google si cercava Ryanair o “voli economici Ryanair”, spesso si finiva su sottodomini di eDreams, che contenevano la parola Ryanair (www.ryanair.edreams.it) nell’url, o su un minisito eDreams, che – nella grafica e per il logo usato – sembrava esser proprio quello della compagnia low cost irlandese. In sostanza, secondo O’Leary si è trattata di una mossa scarsamente trasparente da parte di eDreams che ha fatto credere ai clienti interessati a volare con la sua compagnia di trovarsi a comprare una tariffa sul sito ufficiale mentre, invece, si era su un sito “clone”, tipico esempio di Brand Bigging (farsi pubblicità con i marchi altrui), che offriva biglietti Ryanair a tariffe maggiorate.
Solo una questione di scarsa trasparenza? Macché. Scrutando sotto il “tappeto” della vicenda, ecco emergere la polvere che vi era stata nascosta. Quando si compra un biglietto sul sito ufficiale della compagnia aerea, in questo caso Ryanair, la compagnia guadagna il cliente ed il prezzo pieno del biglietto. Quando, invece, l’acquisto avviene su un sito di comparazione, come eDreams, la compagnia aerea in questione (che dall’11 marzo 2014 vende anche su piattaforme esterne e nelle agenzie di viaggio) guadagna il cliente ma riconosce all’intermediario una percentuale (per il cliente finale, a volte, la cosa si traduce in una tariffa più alta).
Alla fin della fiera, quindi, si tratta di una banale questione di percentuali e occorrerà vedere come si risolverà anche in questo caso. I precedenti non mancano. In Germania, la stessa Ryanair ha avuto ragione della eDreams la cui pubblicità è stata considerata forviante e, guardando in casa altrui, la Lufthansa aveva – mesi fa – risolto la questione maggiorando di 16 euro tutti i biglietti in vendita presso siti terzi.