YouTube, molto spesso, permette di condividere le proprie passioni in formato video, sia che si tratti di lungometraggi ormai introvabili e risalenti ai primi decenni del secolo scorso, sia che si tratti di tutorial relativi al campo nel quale ci si sente più versati. E poi, non dimentichiamolo, permette anche di ascoltare tanta buona musica, registrata o dal vivo.
Il problema è che, altrettanto spesso (molto più di quanto non si creda), questo portale (anche altri social) viene utilizzato anche per ricattare le persone.
Per fortuna d’ora in poi questo modo di fare, criminale, sarà sanzionabile in quanto reato. Il fatto di cui intendiamo riportare la cronaca risale al 2004, anche se solo oggi ha avuto un utile epilogo. In quell’occasione, e precisamente il 18 Marzo del 2004, tale Andrea C. venne condannato dalla Corte di Appello di Reggio Calabria per violenza privata e violazione della privacy.
Cos’era successo? Il personaggio in questione aveva minacciato una sua ex di rivelare un filmato della signorina in questione nella quale erano presenti delle pose un po’ osé, nello specifico con la gonna “sollevata”. In questo modo, pena la divulgazione del video che l’avrebbe rovinata in un “contesto stretto” come quello di Reggio Calabria, Andrea C. aveva costretto Silvia S, questo il nome della povera vittima, ad intrattenere con lui rapporti telematici.
Naturalmente era partita una denuncia e quest’ultima aveva portato alla condanna di cui sopra. Condanna contro la quale Andrea C. si era appellato in Cassazione sostenendo che il video era certo stato caricato su YouTbe ma non dotato di criteri di ricerca che lo rendessero reperibile: di fatti, secondo l’imputato, era impossibile – per terzi – imbattersi in tale filmato. Tanto che, per costringere, Silvia S. a riavvicinarsi, aveva dovuto minacciarla di pubblicarlo anche su Facebook.
La Corte di Cassazione, per fortuna, ha rigettato l’appello ed ha confermato la condanna per violenza privata con la motivazione che minacciare Silvia S. di pubblicare un video, di divulgarlo, effettivamente aveva avuto, su di lei, un effetto coercitivo che aveva limitato le sue possibilità di scelta mettendola, di fatto, in uno stato di costrizione.
Oltre a ciò, è stata anche confermata la condanna per violazione della privacy perchè il fatto che il video sia stato caricato su YouTube è un fatto insindacabile mentre l’attenuante addotta dalla difesa, ovvero che il video non fosse rintracciabile, è una circostanza indimostrata “ed anzi esclusa dai giudici di merito”.
Ragion per cui, se pure è consigliabile non farsi mai riprendere in intimità neppure da chi si conosce dal molto tempo, d’ora innanzi si può esser maggiormente tranquilli per il fatto che, qualora qualcuno avesse davvero materiale imbarazzante su di noi, non potrà certo pubblicarlo o usarlo a scopo di minaccia. Questo, infatti, è bene ribadirlo, sarebbe reato!