Dopo i cyber attacchi avvenuti lo scorso 21 novembre negli Stati Uniti, che hanno mandato in black-out molti siti popolari, tra i quali Twitter ed Amazon, anche la Liberia ha subito un blocco totale di tutto il web, e sembra che gli autori siano gli stessi: in effetti, l’arma usata è sempre la medesima, ossia la botnet Mirai (moltissimi device infetti che, in contemporanea, senza che il proprietario del device se ne renda conto, “bombardano” lo stesso obbiettivo).
Secondo l’edizione on line di Forbes (nota rivista statunitense che si occupa di economia e finanza), il fatto che sia stata presa di mira una nazione così piccola non è un caso: infatti ci sono tutti i presupposti da far pensare che potrebbero essere dei test per verificare l’efficacia “intrusiva” e “distruttiva” di questo nuovo modello d’attacco, appunto rappresentato dalla botnet Mirai.
Per effettuare test del genere, una nazione con le caratteristiche della Liberia è il terreno perfetto per verificarne pregi e difetti e, quindi, perfezionare l’arma per un attacco più efficace e molto più potente.
La Liberia è uno stato che conta poco più di 4 milioni e mezzo di abitanti, dei quali appena il dieci per cento risulta collegato ad internet: oltretutto, ci sono solo due compagnie telefoniche ed entrambe utilizzano la stessa linea in fibra ottica.
Kevin Beaumont, esperto in sicurezza digitale – è stato lui uno dei primi ad accorgersi del cyber attacco alla Liberia – in una dichiarazione fatta al Guardian (il noto quotidiano britannico), spiega come questo tipo di attacchi permetta di identificare, per Mirai, un “manovratore” che ha palesemente le capacità per mandare in down le strutture e i sistemi comunicazionali di un’intera nazione o Stato.