Meta ha annunciato ufficialmente la chiusura del suo programma di verifica dei fatti negli Stati Uniti, segnando una svolta epocale nella gestione della disinformazione online sulle sue principali piattaforme: Facebook, Instagram e Threads. Il cambiamento entrerà in vigore da lunedì pomeriggio, come comunicato dal responsabile delle politiche pubbliche dell’azienda, Joel Kaplan, e coincide con l’inizio di una nuova fase basata sulle cosiddette “Note della Comunità”, un sistema partecipativo che ricorda da vicino quello già introdotto da X (ex Twitter).
Questa decisione mette fine a una lunga collaborazione tra Meta e organizzazioni di fact-checking indipendenti, che per anni hanno cercato di contrastare la diffusione di contenuti falsi o fuorvianti. Al loro posto, Meta introdurrà gradualmente uno strumento che affida agli utenti il compito di aggiungere note esplicative ai post ritenuti problematici, senza però applicare penalità immediate ai contenuti segnalati.
Il nuovo approccio, testato a partire da febbraio, si basa su un algoritmo inizialmente molto simile a quello di X, ed è stato pensato per coinvolgere direttamente la comunità nel processo di verifica delle informazioni. I primi risultati del test sembrano aver convinto i vertici aziendali, tanto da accelerare la dismissione del vecchio sistema, giudicato ormai poco efficace o forse non più in linea con la nuova visione strategica del colosso di Menlo Park.
Tuttavia, i dettagli sull’implementazione delle “Note della Comunità” fuori dagli Stati Uniti restano scarsi. L’Unione Europea e paesi come il Brasile hanno già manifestato preoccupazioni per l’impatto che questo cambio di rotta potrebbe avere sulla circolazione della disinformazione a livello globale, specialmente in vista di importanti tornate elettorali.
La mossa di Meta arriva in un momento politico particolarmente delicato: l’insediamento del presidente Donald Trump alla Casa Bianca ha coinciso con una serie di cambiamenti radicali nelle policy dell’azienda. Tra questi, la chiusura di iniziative dedicate alla diversità e all’inclusione, un allentamento delle norme contro i discorsi d’odio e l’ingresso nel board aziendale di una figura politicamente vicina al presidente. Abbandonare un sistema strutturato e professionale di fact-checking per affidarsi alla moderazione “dal basso” comporta sfide evidenti. Se da un lato si valorizza il ruolo attivo della community, dall’altro si rischia di abbassare la soglia di affidabilità delle informazioni, aprendo la porta a manipolazioni e letture distorte della realtà.