Meta e la ricerca nascosta che cambia la percezione di Instagram e Facebook

Una documentazione emersa negli Stati Uniti riporta che una ricerca commissionata dalla stessa Meta avrebbe mostrato effetti negativi sull’equilibrio emotivo degli utenti, soprattutto giovani, senza che tali risultati venissero resi pubblici.

Meta e la ricerca nascosta che cambia la percezione di Instagram e Facebook

La vicenda che coinvolge Meta sta generando un intenso dibattito internazionale, perché riporta alla luce un tema già affrontato nel corso degli anni ma mai in modo così diretto: il rapporto tra social network ed equilibrio psicologico degli utenti. A far scattare l’attenzione è stato un ampio procedimento giudiziario avviato da numerosi distretti scolastici statunitensi contro Meta, Google, TikTok e Snapchat, nell’ambito del quale sono stati resi pubblici documenti che chiamano direttamente in causa le scelte della casa madre di Instagram e Facebook.

Secondo quanto ricostruito, infatti, una ricerca commissionata dalla stessa Meta nel 2020 avrebbe evidenziato come l’assenza temporanea dai principali social della piattaforma migliorasse la condizione emotiva degli utenti, soprattutto in termini di minore isolamento, minore confronto costante con gli altri e sensazione generale di maggiore serenità. Si trattava del cosiddetto Progetto Mercury, affidato alla società di analisi Nielsen e sviluppato per monitorare l’impatto di una settimana senza accesso a Facebook e Instagram.

Il risultato, a quanto emerso dai documenti, avrebbe confermato una delle critiche più frequenti rivolte ai social network: l’ambiente digitale può diventare un fattore di pressione, in particolare per le fasce più giovani, alimentando paragoni continui con gli altri, ansia legata all’immagine e un senso di frenesia comunicativa che incide sul benessere personale. La parte più controversa della vicenda riguarda però il fatto che tali risultati non sarebbero mai stati divulgati.

Anzi, internamente il progetto sarebbe stato sospeso poco dopo, sostenendo che le conclusioni fossero state “influenzate dalla narrativa mediatica” sul ruolo dei social nella società moderna. La documentazione resa nota durante la causa descrive anche forti discussioni interne, con dipendenti che avrebbero paragonato questa scelta alla gestione che storicamente alcuni settori industriali hanno adottato nei confronti di ricerche delicate sui propri prodotti.

Il tema ha assunto un’ulteriore rilevanza perché Meta, nel corso di audizioni ufficiali presso il Congresso degli Stati Uniti, aveva dichiarato di non avere elementi sufficienti per valutare l’impatto dei social sull’equilibrio psicologico degli adolescenti. Con la pubblicazione dei documenti, il portavoce dell’azienda ha sostenuto che lo studio fu interrotto per limiti metodologici e che nel tempo Meta ha introdotto miglioramenti concreti destinati a rendere più sicure le piattaforme, in particolare per le fasce under 18.

All’interno dello stesso procedimento giudiziario emergono altre accuse rivolte alle grandi piattaforme digitali, riguardanti la gestione degli strumenti di tutela per i più giovani e la lentezza nel potenziare i controlli sui contenuti e sulle interazioni potenzialmente problematiche. Meta respinge con decisione ogni contestazione, affermando che le proprie misure di sicurezza sono già solide e che gli interventi sugli account sospetti vengono eseguiti in tempi rapidi. L’azienda ha inoltre richiesto di limitare l’accesso pubblico ad alcune parti della documentazione depositata in tribunale, giudicandola eccessivamente estesa rispetto alle reali esigenze processuali. La nuova udienza è fissata per il 26 gennaio presso il tribunale distrettuale della California settentrionale, e potrebbe portare alla luce ulteriori elementi utili a chiarire la posizione delle piattaforme coinvolte e la gestione delle ricerche interne legate al benessere digitale degli utenti.

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