Un controllo da parte dell’antitrust Ue è stato avviato nel settore del commercio elettronico. L’indagine è partita con lo scopo di identificare possibili barriere, istituite dalle società, nei confronti del commercio online di beni e servizi oramai molto diffusi su internet.
Tra questi vi sono i prodotti elettronici, abbigliamento, scarpe e contenuti digitali. Il commissario che si occupa di osservare la concorrenza Margrethe Vestager ha dichiarato: “I cittadini Ue affrontano troppe barriere nel commercio elettronico transfrontaliero, spesso erette dalle società stesse. Con questa indagine scopriremo quanto sono diffuse”.
L’e-commerce è così diffuso da essere ormai una pratica consolidata fra gli utenti e i dati dimostrano che aumentano sempre più gli acquisti online di beni e servizi, anche se in Europa non è ancora in atto il mercato unico digitale richiesto da Bruxelles. Questa mancata realizzazione del mercato digitale unico non fa crescere l’e-commerce come dovrebbe, in parte per le barriere linguistiche che sussistono, in parte per le regole diverse che vi sono nei vari stati membri.
Il sospetto dell’antitrust è però di temere che certe imprese mantengano determinate misure che impediscono al commercio elettronico di crescere, e la paura è che lo facciano intenzionalmente. Ad esempio, vi sono alcune imprese che obbligano a rispettare determinate restrizioni che impediscono ai dettaglianti di esercitare il commercio online a livello transfrontaliero e a utenti che abitano in nazioni al di fuori dell’Ue.
La Commissione valuterà per bene le posizioni e inizierà un sondaggio tra gli stakeholder per accertare se queste pratiche esistono veramente. Dopodiuché l’indagine prevede la stesura di un rapporto che sarà pronto verso la metà del 2016.
Il compito dell’antitrust Ue nel frattempo è quello di continuare la sua indagine per scoprire se le accuse di abuso di posizione dominante riguardo le ricerche online che sono state fatte a Google sono vere. Proprio Bruxelles ha minacciato Big G di spiccare nei suoi confronti una sanzione salatissima se non provvede a correggere alcuni parametri.
Google ovviamente ha respinto le accuse ma in segno di una tregua pacifica e dimostrativa ha avviato un programma per il finanziamento dell’editoria digitale europea attraverso il Digital News Initiative.