Con le stragi parigine del 13 Novembre in molti si sono chiesti come abbiano fatto i terroristi islamici ad arrivare sino a Parigi indisturbati, con documenti falsi e, soprattutto, farciti di armi come il tacchino nel giorno del Ringraziamento. A svelare alcuni di questi segreti è stata, per l’AdnKronos, la rivista “Analisidifesa”, specializzata nel settore della sicurezza, che ha svelato come il terrorismo islamico si procuri i mezzi, passaporti falsi ed armi, tramite il ricorso al “Deep Web”.
Il deep web è una porzione sommersa di internet alla quale non è possibile accedere tramite i comuni browser. Occorre munirsi di programmi di navigazione modificati ad hoc, come Tor Browser, spinoff hackereccio di Firefox .Una volta procuratisi questo navigatore, possiamo visitare siti web con estensione “onion” (cipolla) tra i quali esistono dei veri e propri “Black Market”.
In questi ultimi si può comprare di tutto, compreso la droga e le prestazioni, referenziate con feedback, di killer prezzolati. Quello che ci interessa, però, nel nostro caso, sono i documenti falsi. Questi ultimi vengono prodotti in Macedonia, Paesi Balcanici, Grecia, e Turchia, ovvero in quei paesi per i quali sta passando il nuovo flusso della migrazione mondiale e dove, ovviamente, più forte è la domanda di documenti di tal genere.
I documenti falsi che circolano nel web oscuro, in genere, riportano la provenienza da zone di guerra, per favorire la concessione dell’asilo e dello status di rifugiato e possono costare dai 400 euro (un affare!) per un passaporto Extra UE a 850 euro per un pacchetto “Comunitario” completo che comprenda carta d’identità, patente norvegese e passaporto dotato di affrancature aeroportuali e di inclusione del numero del documento nel database nazionale.
I documenti in questione, spiega all’AdnKronos Federico Bianchini, collaboratore di Analisidifesa, vengono comprati tramite Litecoin o Bitcoin: è vero che per comprarli si usa una carta di credito ma, nel deep web, è possibile procuarsi anche le carte di credito rubate. Per il resto, il Bitcoin è piuttosto sicuro: il “blockchain” è un meccanismo che mette su registri diversi le transazioni e i blocchi, creati dai miners, relativi al quando ed all’ordine della transazione: le transazioni vengono incluse in un blocco in modo che non si paghi due volte per lo stesso acquisto e il tutto è criptato.
In questo modo è difficile sapere cosa quel dato utente, rappresentato in modo anonimo da un nick falso, cos’abbia davvero comprato. Anche il riciclaggio di denaro virtuale è possibile, grazie al “bitcoinmixing” dove le persone depositano i loro bitcoin che, poi, vengono ridistribuiti verso alcuni loro portafogli, wallet, vergini mai usati prima: di fatto è come se questi bitcoin sbucassero dal nulla.
Veniamo, poi, alla spedizione dei documenti falsi e delle armi acquistate nel deep web. I documenti vengono spesso occultati grazie alla grande diffusione che il commercio online sta riscontrando e le armi vengono smontate in piccoli trapani se di modeste dimensioni, in grossi macchinari meccanici, se ingombranti. Alla fine, chi riceve gli uni, i documenti, e le altre cose, ovvero le armi, è bell’e pronto all’azione e nessuno può mai scoprire com’abbia fatto, proprio a causa del deep web.