Chi segue la cronaca tecnologica, avrà notato quanto siano diffuse, nel web, le notizie non verificate, o – addirittura – quelle propriamente false. Distinguere queste tipologie di notizie da quelle reali non è sempre facile e proprio questa difficoltà è alla base delle bufale che, sempre più numerose, popolano i social network. Da oggi, però, Google mette in campo le sue risorse e vara il “fackt check” per offrire notizie verificate.
In verità, l’impegno di Google verso un’informazione più attendibile è una questione di vecchia data. Nel 2015, Mountain View, infatti, aveva varato la “First Draft Coalition“, libera associazione di realtà informative (es. YouTube, the New York Times, BuzzFeed News, the Washington Post, CNN) che avrebbero creato un database in cui riversare notizie verificate e dalle fonti sicure. A tale network, non più di qualche mese fa, aderirono anche Facebook e Twitter, i canali attraverso i quali – sovente – le bufale acquisiscono carattere di viralità.
In seguito, sempre Google promosse l’adozione di alcuni tag (blog, satira, opinioni, Wikipedia, risorsa locale) con i quali etichettare i contenuti che venivano messi online: in questo modo, gli utenti finali, intuendo a colpo d’occhio il genere di contenuto che si trovavano davanti, avrebbero imparato a selezionare meglio cosa leggere e che peso dare a quel che scorrevano sugli schermi.
In questi giorni, quasi a chiudere il cerchio ideale sin qui prospettato, dal proprio blog ufficiale, Google ha annunciato il varo della funzionalità di controllo delle notizie, in inglese “fack checking”. In sintesi, nella sezione “Notizie” (News”) del popolare motore di ricerca internet, e nell’app “News e Meteo” messa a disposizione degli utenti iOS e Android, in calce ad alcune notizie, accanto ai tag di cui sopra, comparirà anche la dicitura “fact check” in base alla quale l’utente – risparmiando tempo – potrà stare sicuro sulla veridicità dei fatti ivi raccontati.
La nuova funzionalità per la verifica delle notizie, com’è facile intuire, esordirà nel mondo anglofono: i primi mercati che potranno beneficiarne, di fatti, saranno quello britannico e quello statunitense e non è dato sapere se e quando Google abbia in calendario di estenderne il roll-out anche ad altri mercati (tra i quali, il nostro).