Non c’è che dire: la Giornata della Memoria del 2018, volta a ricordare come ogni anno le vittime dell’Olocausto nazista, non è stata molto fortunata e, tra le esternazioni del sindaco leghista di Gazzada Schianno e la gaffe commessa da Facebook in relazione ad un innocente video, si può ben dire che vada decisamente “dimenticata”.
Proprio quando la Giornata della Memoria era scoccata da poco, il 27 Gennaio, il sindaco leghista di Gazzada Schianno (Varese), Cristina Bertuletti, pubblicava un post sul suo profilo social in cui invitava non si sa chi a ricordarsi, per l’occasione, di “andare a pijarlo…”. Va anche detto che la vulcanica rappresentante delle istituzioni italiane non è certo nuova ad esternazioni pittoresche, basti pensare a quando ha inneggiato a Benito Mussolini, o ha invocato la fucilazione capitale per Annamaria Furlan, la segretaria generale del sindacato CISL.
Cronaca a parte, la Giornata della Memoria 2018 ha avuto difficoltà ben maggiori con l’algoritmo di Facebook. Quest’ultimo, già nel Settembre del 2016, censurò quel che non doveva, sospendendo il profilo dello scrittore norvegese Tom Egeland, reo di aver pubblicato una foto sì di nudo, ma rappresentante la bambina che scappava, nel ’72, dal suo villaggio vietnamita bombardato a suon di napalm dall’aviazione americana. La medesima foto, è bene ricordarlo, nei mesi a seguire il tragico evento, vinse il premio Pulitzer e contribuì a quel moto d’opinione che costrinse gli States a ritirarsi dalla penisola vietnamita, con conseguente conclusione del relativo conflitto.
Qualcosa di simile è accaduto anche il 27 Gennaio scorso, quando un iscritto alla piattaforma ha condiviso – sulla sua bacheca – un video, realizzato da un comune utente, nel quale – con l’accompagnamento musicale dei Modena City Ramblers, e le parole di “Aushwitz” di Guccini – venivano fatte scorrere delle immagini che invitavano a riflettere sugli orrori perpetuati nei campi di concentramento nazisti.
Le immagini in questione ritraevano corpi debilitati dalla fame e dal freddo, nudi, aggrappati al filo spinato nel mentre gli alleati aprivano le porte del lager per liberarli: tanto è bastato perché scattasse la censura di Facebook, ed una notifica avvertisse l’autore del post che quest’ultimo gli era stato rimosso per aver violato la policy aziendale per quanto concerne le immagini di nudo.
In seguito alle proteste dell’utente, che spiegava come censurare certe immagini corrispondesse a privare le persone di uno strumento utile a ricordare, Facebook dapprima si rifiutava di commentare e, poi, presa visione dell’inconveniente, pubblicava – sul profilo dell’utente – un messaggio di scuse in cui spiegava che la rimozione era stata fatta, per errore, da un membro dello staff, e che il video rimosso era stato prontamente ripubblicato.