La settimana in corso non si è aperta benissimo per Facebook che, sottoposta a un fuoco incrociato da parte del noto attore Sacha Baron Cohen,e dal fondatore di Tesla Motors, Elon Musk, ha avviato un tour promozionale in Europa, per dialogare con le locali istituzioni: il tutto mentre, sempre nel Vecchio Continente, la holding di Zuckerberg faceva incetta di società hi-tech.
Nei giorni scorsi, durante un incontro newyorkese promosso da una ONG contro la discriminazione e l’antisemitismo, il noto attore comico Sacha Baron Cohen, ha definito le società 2.0 di oggi, tra cui Facebook, la più grande macchina propagandistica della storia, chiedendosi cosa avrebbero potuto fare Hitler e il suo ideologo Goebbels, se avessero avuto a disposizione Facebook, rispondendosi che – quasi sicuramente, avrebbero beneficiato di mini spot di 30 secondi sulla soluzione finale. In calce al suo intervento, il magistrale interprete di Borat ha osservato come non andrebbe permesso, a un solo uomo, di controllare l’informazione di 2.5 miliardi di persone, immediatamente approvato in ciò dal miliardario Elon Musk, che – nel rincarare la dose, ricordato d’aver chiuso anni fa gli account che Tesla e SpaceX avevano su Facebook, e il suo stesso profilo Instagram – ha definito il social in blu come “noioso” (lame).
Quasi a voler rispondere alle accuse ricevute, ed a chi gli ha imputato spesso di pagare le tasse nei regimi fiscali (Olanda e Irlanda) più clementi, Zuckerberg, passato da Londra a Monaco per un summit sulla sicurezza, ha risposto che, nell’eventualità che l’OSCE approvi dei dazi transnazionali, o “Cross Border Tax Rules“, nell’ambito di una “riforma fiscale globale“, sarebbe anche disposto a pagare più tasse, aggiungendo – comunque – che la sua azienda aveva sempre “pagato le tasse dove doveva” (sebbene ciò abbia comportato che, 2 anni fa, nel 2018, al Regno di Sua Maestà, a fronte di guadagni complessivi superiori ai 2 miliardi di dollari, vennero corrisposte tasse solo per 32.2 milioni di dollari).
Sempre a Monaco, Zuckerberg si è pronunciato sul tema della regolamentazione dei giganti del web e, nel caso specifico, di Facebook: in quest’occasione, è stato fatto notare come la holding in blu, tra algoritmi e 35 mila moderatori per rimuovere ogni giorno 1 milione di account falsi, spenda qualcosa come il suo intero fatturato del 2012, ottenendo comunque critiche a seconda di ciò che rimuove o meno. Per tali ragioni, Zuckerberg ha chiesto una regolamentazione che riguardi realtà come Facebook, precisando che il social è in una terra di mezzo, tra le media agency responsabili di quel che pubblicano, e le società di telecomunicazioni che, invece, non hanno responsabilità alcuna di ciò che gli utenti si dicono tramite i loro canali.
Nel mentre il giovane CEO giungeva a Bruxelles per parlare con i commissari europei che, come Vera Jourova (trasparenza), Thierry Breton (mercato interno), e Margrethe Vestager (concorrenza e digitale), hanno voce in capitolo nello sviluppo digitale, la vice responsabile delle policy sui contenuti di Menlo Park, Monika Bickert, ha pubblicato un white paper nel quale si invita i legislatori a tener conto delle difficoltà delle prassi di moderazione derivanti dalla natura globale di internet e delle comunicazioni internazionali, in modo che concedano una maggior flessibilità operativa alle aziende del web, dacché un approccio focalizzato su una sola realtà, contenuto, o mercato, potrebbe poi esser deleterio trasportato e applicato altrove.
Più o meno nel corso del tour in questione, come confermato dal registro pubblico inglese delle imprese (Companies House), Facebook Inc ha acquisito (secondo TechCrunch per 40 milioni di dollari) il controllo della maggioranza della start-up londinese Scape Technologies, specializzata nel migliorare la precisione della geolocalizzazione attraverso una tecnologia di visual positioning che tramuti le immagini in mappe tridimensionali (forse a futuro uso e consumo di futuri visori AR proprietari).